domenica 22 maggio 2011

L/O/N/G - American Primitive


Considerando che è in vista anche un’attesa reunion dei Walkabouts, la prolificità artistica di Chris Eckman è ormai senza limiti. Non si ha ancora avuto il tempo di metabolizzare le sue ultime produzioni e di capire davvero la portata innovativa del progetto afro-euro-roots dei Dirtmusic, che eccolo che ce lo ritroviamo di nuovo immerso nei studi Zuma di Lubjana a partorire una nuova creatura chiamata L/O/N/G. La sigla nasconde la sua collaborazione con il compositore austriaco Rupert Huber, personaggio a metà tra musica d’avanguardia, elettronica e classica, che ha ideato una sorta di concept album tutto basato sulla perdita dell’innocenza dell’uomo adulto. Il tutto è infatti concepito secondo l’appiglio filosofico del concetto di “nuova barbarie della riflessione” di Giambattista Vico, filosofo partenopeo che vedeva il progresso come qualcosa di pericoloso se slegato dallo studio della storia dell’uomo (l’unica vera scienza che vale la pena studiare a fondo secondo il suo libro La Scienza Nuova), tanto da identificare nella perdita di memoria storica la vera causa dell’imbarbarimento progressivo dell’uomo e della sua ragione. Un concetto attualissimo visti i tempi, e che Huber ha voluto ricreare nel fatto che anche per l’individuo, la perdita della memoria del nostro essere stati bambini è la vera causa dell’impoverimento umano e della depressione in età adulta. Concetti difficili e ben poco rock, che Eckman ha voluto comunque trasformare in un disco che unisce sia le atmosfere dark dei Dirtmusic (spogliate ovviamente dell’elemento etnico), sia le sperimentazioni mitteleuropee già sentite nel suo precedente The Last Side Of The Mountain. Registrato con una lunga lista di musicisti slavi, American Primitive è un disco non facile, che unisce strumentali d’atmosfera (Longitude Zero) a notevoli brani compiuti (la tilte-track, o la splendida Dust), con momenti vicini alla roots-music americana (Shoot Your Dog) ma anche sperimentazioni elettroniche (ben riuscita in tal senso la ritmata Land Of The Lost o una Shame This Darkness che deve molto a Steve Wynn), mezzi-blues elettronici ricodificati (Stockerau). American primitive è un disco a tratti molto bello anche se di non immediata presa, con qualche passaggio forse troppo cerebrale, ma è anche vero che chi segue Eckman ha ormai abbandonato il concetto di classic-rock da tempo.

Nicola Gervasini

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