martedì 23 ottobre 2012

MARRY WATERSON E OLIVER KNIGHT


MARRY WATERSON E OLIVER KNIGHT

HIDDEN

One Little ndian/Self

***1/2


A chi si è distratto e pensa che il brit-folk abbia esaurito le sue cartucce prima del 1975, ci sarebbe da far notare come gli anni duemila hanno visto regnare i suoi schemi base, sia a livello indipendente che spesso di grande produzione. E che oltretutto i confini del genere sono stati decisamente larghi, con gruppi statunitensi come Vetiver, Midlake o gli Espers intenti a diffondere il verbo. Certo: oggi è riveduto, corretto, rinnovato, ma anche sul terreno più “classic” le Unthanks ad esempio hanno riscontrato successi e consensi insperati. Alla rinascita dell’ala più oltranzista del genere partecipano sicuramente anche Marry Waterson e Oliver Knight, fratelli (a dispetto del cognome diverso) e figli d’arte (i Watersons sono una famiglia mito del brit-folk, soprattutto la vocalist Lil Waterson). Già notati da molti con il disco d’esordio del 2011 The Days That Shaped Me, il duo confeziona con Hidden un album che ha davvero tute le carte in regola per piacere anche al di fuori dagli ambienti più reazionari del folk. Registrato con l’aiuto di musicisti di settore (ma non solo, vista la presenza del batterista Pete Flood dei Bellowhead e il polistrumentista Reuben Taylor degli Athletes), Hidden ha un bel suono fresco e brillante nonostante le atmosfere autunnali dei brani. Basta ascoltare l’iniziale I’m in a Mood , splendida folk-pop-song alla Aimee Mann, l’indolenza freak di Going, Going, Gone (non è quella di Dylan per la cronaca), il lavoro alla Richard Thompson dell’elettrica di Oliver in Gormandizer. Inizio scoppiettante che ben dispone anche per una parte centrale dove, calato l’effetto sorpresa, si rientra nei ranghi della normalità con brani come I Won’t hear e Scarlet Starlet, prima di arrivare alle complicate e raffinate trame piano-voci di Professional Confessionals. Atmosfere fosche (Russian Dolls) , spesso anche cupe (Sustained Notes), ma anche una buona capacità di trovare la melodia ariosa fanno di Hiddden una raccolta perfettamente equilibrata anche se timida (nascosta appunta) nel suo non voler mai alzare i toni o provare il colpo spettacolare. Lo sarebbe la finale Starveling, pezzo davvero straordinario, ma come tutti i gran finali è riservato solo chi possiede pazienza, sensibilità e una stanza di ascolto silenziosa per poter apprezzare appieno questo album.
Nicola Gervasini



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