THE UNKNOWN MORTAL ORCHESTRA
II
Jagjaguwar
***1/2
Neozelandesi dal nome anche abbastanza oscuro e
magniloquente, gli Unknown Mortal
Orchestra sono un trio che nel 2011 con il loro esordio omonimo hanno fatto
un discreto rumore (nella top 50 dell’anno per Uncut). Scoperti dalla Fat Possum, etichetta da
sempre molto attiva come talent-scout, per questo secondo capitolo,
zeppelinianamente intitolato semplicemente II,
si sono accasati alla Jagjaguwar, etichetta più in linea con la loro proposta e
più aggressiva in termini di distribuzione.
Nonostante il cambio però il nuovo disco non porta sostanziali
variazioni al loro suono (sono lontani i tempi in cui accasarsi in una nuova
etichetta significava anche cambiare radicalmente la propria identità), un difficilmente
definibile connubio di space-rock e suoni lo-fi quasi al limite dello
shoegazer, un po’ come unire Hawkwind, My Bloody Valentine e Yo La Tengo in
un'unica orchestra. Il risultato è inizialmente stordente, sospeso tra brani
decisamente elettrici (la cavalcata quasi younghiana di No Need For A Leader) a momenti più eterei come Monki, lunga indie-ballad lenta e
ipnotica infarcita di suoni elettronici, o una From The Sun che parte con un arpeggio che ricorda tanto quello di
Circle di Edie Brickell ma esplora territori decisamente meno easy-listening.
Quello che caratterizza più la band è però l’utilizzo delle voci, spesso
filtrate, soffocate, non naturali anche quando magari lo sono, elemento che può
anche dare fastidio alla lunga ma che dona sicuramente un aspetto oscuro e intrigante
alla loro musica. Ruban Nielson,
Jake Portrait e Riley Geare in ogni caso dimostrano spesso e volentieri il loro
attaccamento a schemi classic-rock quando si adagiano su giri da jingle-jangle
rock anni 60 come Swim and Sleep (Like a
Shark), o si concedono le aperture hendrixiane di One At a Time, i giri alla REM prima –era di The Opposite of Afternoon, o magari quando giocano a fare la
versione più stridula e elettronica dei Pavement (Faded
In The Morning). Lontano dall’essere un disco fondamentale o un gruppo che
segna una nuova via per il mondo del rock indipendente, II degli Unknown Mortal Orchestra può comunque diventare una valida
testimonianza per capire dove si sta dirigendo il mondo delle nuove leve rock,
che dopo la sbornia degli anni zero, sembra un po’ alla ricerca di quella identità
comune persa nei mille e troppi rivoli di un mercato ormai senza regole e senza
limiti. Se saranno loro uno dei nomi di una nuova era ce lo dirà solo il tempo.
Nicola Gervasini
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