domenica 16 febbraio 2014

LE HIGH HOPES DI BRUCE

Lasciamo perdere le inutili considerazioni sull’ispirazione che latita: a Bruce Springsteen non si chiede più un nuovo The River da anni, ma qui mi sa che bisogna ormai scordarsi anche un nuovo The Rising. E andiamo oltre il dilemma se High Hopes sia il nuovo album del Boss (nel qual caso uno dei suoi peggiori) o solo una raccolta di B - a volte anche C – sides (nel qual caso il barile è stato raschiato con un certo successo). La vera questione è un’altra: ma se proprio lo doveva fare (per doveri contrattuali immagino, anzi, spero per lui), allora perché non approfittarne per dare un’inedita dignità al progetto? Magari anche stramba, magari anche completamente sbagliata, ma unica. Invece, così com’è, High Hopes pare solo un bonus disc per una nuova deluxe edition (l’uomo le adora…) dei suoi ultimi tre album. Sarebbe la chitarra di Tom Morello la violenza che Bruce si è (e ci ha) concesso? Qualcuno lo avverta che quei suoi gracchianti assoli erano rivoluzione vent’anni fa,  ma oggi, piazzati un po’ a casaccio in mezzo a pezzi che non lo richiedono (gli perdonerei  la sbrodolata finale di The Ghost Of Tom Joad solo perché la versione è sentita e riuscita), paiono davvero degli spari a salve. Allora perché non portare alle estreme conseguenze la sua presenza? Oppure perché non andare ben oltre quel tocco di elettronica buttato lì un po’ timidamente in Harry’s Place? Perché sprecare un’occasione per un album che sarà sempre è solo un dischetto da 6 politico, quando, osando un po’, poteva anche beccarsi un 8 di spocchia o un 4 di sdegno. In ogni caso, un voto con più personalità.

Nicola Gervasini

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