HEAVY LOAD
The Ben Miller Band
***1/2
La partenza è di quelle che mette subito tutto in
chiaro: Your Dyin’ Ass (devo
tradurre?) saccheggia il giro di blues del traditional You Gotta Move (di Rolling Stones e Aerosmith le versioni più note)
e presenta subito il piatto a base di musica tradizionale politicamente
scorretta e sgangherato appalachian-folk della Ben Miller Band. Trio proveniente dalle campagne di Washington,
attivi fin dal 2005, la band capitanata dal polistrumentista Ben Miller (che
per lungo tempo ha girato l’America come one-man-band busker con il nickname di
Joplin) si era fatta notare nel 2010 con la pubblicazione di ben due album (1 Ton e 2 Ton) che avevano ben reso l’idea totale della loro musica, un mix
di bluegrass, folk, blues, country e chi più ne ha ne metta. Heavy
Load arriva a mettere ordine nella loro creatività con un disco breve
(34 minuti), essenziale e diretto. La prima parte la butta decisamente sul
classico con brani come Holly o I Got Another One, dove il “wild
trombone” di Doug Dicharry la fa da
padrone nel creare un perfetto street-sound rurale. E’ proprio la
strumentazione del trio (completato dal bassista Scott Leeper) l’aspetto più particolare della loro proposta: se
Miller si dota anche in studio del perfetto set da solista di strada (kickbox
drum, vari tipi di armoniche, toy piano, chitarre e banjo costruite in casa),
Dicharry offre diversivi in termini di fiati, washboard, e mandolini. Il
risultato sa sempre di improvvisazione anche quando non lo è: I Don’t Want You ad esempio è un rauco
blues a base di cucchiaini suonati in ogni dove che potrebbe sembrare una
instant-song nata in un ristorante e non in uno studio di registrazione. Il
finale del disco poi accelera non poco tempi e toni: No One Came potrebbe anche essere il risultato di una svolta rurale
della Jim Jones Revue, Get Right Church
chiude le danze nello stesso tono roots-gospel alla William Elliott Whitmore
della prima canzone, mentre la title-track mantiene il pigro incedere
dell’asino di copertina . Prodotto da Vance
Powell, un veterano della musica roots americana vissuta dietro il mixer
(White Stripes, North Mississippi All-Stars, Seasick Stevie, Jimmy Buffett,
Jewel tra i tantissimi assistiti nel corso degli anni), Heavy Load non introduce
nulla di nuovo sul piano della scrittura, ma rappresenta un modo divertente e
intelligente di portare avanti una tradizione americana sempre più viva, e se
vogliamo, per quanto possa sembrare incredibile, “di moda”.
Nicola Gervasini
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