The Pines
[Apogeo records 2018]
File Under: Ita-folk d’oltreoceano
apogeorecords.it
di Nicola Gervasini
Il Made in Italy riferito ad un cantautore americano può suonare fuorviante, ma Ben Slavin vive tra Napoli e Milano da più di vent’anni, e qui da noi ha sviluppato la sua carriera discografica, per cui possiamo ormai considerarlo a tutti gli effetti un connazionale anche artisticamente. I suoi primi passi discografici li ha mossi con i The March, duo composto con la ex Soon Odette Di Maio (presente anche qui ai cori), poi dal 2014 si è proposto in solitaria con l’esordio Palepolis, disco dedicato a Napoli. The Pines è il suo secondo album, uscito già sul finire del 2018, ma vale la pena recuperarlo, perché ci offre un autore decisamente capace di coniugare grammatica folk con quel tocco di follia tipica di un certo cantautorato anglofono dei primi anni settanta. Lo dimostra subito con l’oscuro organo iniziale di To Wait My Love che si sviluppa poi in una bellissima ballata da vero songwriter anni 70, o con una On Washington Square che la segue con un piglio morbido alla Ron Sexsmith. Le canzoni sono tutte prettamente acustiche, con l’aggiunta dei vari strumenti suonati dal produttore Andrea Faccioli (sentito anche nei dischi di Le Luci della Centrale Elettrica e Cisco), e tutte con uno stile decisamente old-style come l’evocativa Ode To Clitumnus o il fast-folk di Ordinary Builds. Notevoli le due title-track, sviluppate in due tempi, con il bellissimo crescendo di Barnegat e la più complessa Masoleum, I toni si fanno dark nei due lunghi brani posti nel finale (Leave e Lithograph Train), degni del Roy Harper più sperimentale e allucinato, separate solo dai due minuti di Cetara, unico brano cantano in un italiano che non ha perso l’accento straniero e caratterizzato dai vocalizzi della Di Maio. Da seguire.
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