Buscadero
Luglio 2009
VOTO: 6
Dici Peter Hammill e pensi subito ad una specie di “the dark side of Peter Gabriel”, uno dei pochi veri geni sopravvissuti allo sgretolarsi dei sogni del progressive inglese, ma anche uno dei personaggi più oscuri e inafferrabili del rock classico. Se le sue opere con i Van Der Graaf Generator restano ancora oggi osannate e riconosciute, la sua carriera solista è da sempre oggetto di culto di una ristretta setta di adepti con la mente aperta ad accettare non poche eresie musicali. Thin Air è il secondo album registrato dopo l’infarto del 2003, che l’ha quasi fatto mancare alle nostre brame di musicofili (ma nel frattempo c’è stata anche una positiva reunion con i vecchi compagni che ha fruttato ben due nuovi album), e come il precedente Singularity del 2006, è stato registrato in totale solitudine. Hammill è oggetto ostico per chi non sia già abituato a circolare nei suoi mondi: da uno che in una carriera è riuscito ad essere considerato sia il padre del punk (suo il primo utilizzo del termine in Inghilterra) che della musica elettronica, (per non parlare del peso che ha avuto sulla new wave e sul dark degli anni ’80), ci si può aspettare di tutto, e Thin Air suona infatti come una piccola summa delle sue maggiori ispirazioni, fin dall’iniziale The Mercy che mischia davvero tutto, dal rock all’avanguardia al progressive in una sorta di piccola pièce teatrale. Hammill traffica con gli intrecci tra tastiere e chitarre (The Top Of The World Club), con il piano (Your Face On The Street o Undone), ammicca alla new age fin dalla copertina e dal suggestivo libretto fotografico, ma poi si butta con profitto nel brit-folk tradizionale (l’acustica e sofferta Stumbled), per finire a risolvere l’unico strumentale del disco in una distorsione elettrica quasi da Metal Machine Music alla Lou Reed (Wrong Way Around). Il risultato va dal geniale (Ghosts Of Planes) al pretenzioso (Diminished cerca atmosfere alla Roy Harper finendo però solo per annoiare), come a volte succede alle sue produzioni, ma questo è un giudizio che poco importa ad uno dei pochi artisti che può davvero dire di aver prodotto la propria musica senza nessun tipo di condizionamenti artistici ed economici, e che men che meno si curerà come al solito dei riscontri avuti dai suoi dischi al di fuori della cerchia di sostenitori. Pur con i suoi limiti, resta il fatto che Thin Air potrebbe essere un modo interessante per iniziare un percorso di scoperta della sua opera: sarebbe come iniziare un libro leggendo il sommario.
Nicola Gervasini
Nicola Gervasini
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