sabato 4 luglio 2009

SLAID CLEAVES - Everything You Love Will Be Taken Away


03/06/2009
Rootshighway

VOTO: 7


"Ci sono ancora i bar dei vecchi tempi nelle strade della Downtown, con dentro vecchie signore che servono da bere senza colore sulle loro guance, e dove sentendo una canzone di Merle Haggard puoi metterti il tuo vecchio colletto blu: la vecchia Milwaukee la vigilia di Natale è difficile da credere". Non è difficile capire come mai Stephen King (non nuovo a questo genere di sponsorizzazioni) si sia così esaltato per la musica e il songwriting di Slaid Cleaves. Chi mastica letteratura americana non può che rimanere stregato quando uno splendido brano come Hard To Believe spende subito nelle sue prime righe "old time bars", "Haggard songs" e "old blue collar", o quando si raccontano storie di donne in fuga da uomini brutali (Run Jolee Run, un brano di Ray Bonneville), autostoppiste disperate alla ricerca di un passaggio verso il luogo di lavoro (Black T-Shirt) o macabre impiccagioni di piazza (Twistin'). Nelle note di copertina King dice di aver sentito parlare di Slaid Cleaves quando un camionista con "un accento del sud più duro del pollo d'asporto dell'Alabama" (sic) ne ha richiesto una canzone alla radio.

Da qui capirete da dove vengono le canzoni e la poesia di questo cantautore trapiantato nel calderone musicale di Austin fin dal suo esordio del 1990. Già apprezzato su queste pagine in occasione del precedente Wishbones (in mezzo è uscito anche un disco di cover intitolato Unsung), Cleaves con questo Everything You Love Will Be Taken Away (titolo più pessimista non poteva esistere) ritrova un team di musicisti rodato e inossidabile, capitanato dal produttore Gurf Morlix. Un album che lo conferma come uno degli autori più interessanti della generazione dei nuovi troubadour dei primi anni '90, qui spesso aiutato in sede di scrittura dai collaboratori di una vita come l'amico Rod Picott, Eric Blakely e Adam Carroll, e che porta alla ribalta ancora una volta quella strana contraddizione tra i testi forti e stradaioli delle sue canzoni, e il suo stile vocale tenue e gentile. Una certa monotonia della sua voce, bella quanto priva di possibilità di alzare da sola toni e ritmo, che è da sempre un po' il suo tallone d'Achille, e se da un lato la grande professionalità di Morlix contribuisce a raggiungere la perfezione formale a questi undici brani, dall'altro non lo aiuta a trovare l'intuizione vincente per esaltare a dovere tanta buona sostanza d'autore.

Peccato veniale comunque, la romantica Beyond Love, il quasi bluegrass Green Mountains And Me e la tipica Texas-song Tumbleweed Stew riescono comunque a fare breccia nei nostri cuori, e in generale il disco non conosce cadute di tono. Mentre scriviamo l'album è già al secondo posto dell'Americana Charts, dietro i Flatlanders e prima di Earle e Dylan, a riprova della statura di primo livello del suo nome in patria. Dalle nostre parti invece resta la sensazione che non sarà neanche questo il titolo che lo farà uscire dalla nicchia di quegli sconosciuti che val sempre la pena riscoprire.
(Nicola Gervasini)

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