30/10/2009
Rootshighway
L'idea di base è intrigante, e chissà quanti scrittori hanno avuto la tentazione di realizzarla senza averne però le doti necessarie: scrivere un racconto con in mente alcune canzoni ben precise, e successivamente registrarle in un cd che funga da colonna sonora. Una meta-arte rara e difficile quella di dare suoni alle parole invece che alle immagini, ma Joe Pernice l'ha affrontata con coraggio e convinzione. Lui è un veterano della canzone d'autore della provincia americana fin dagli anni 90 (ricordate gli Scud Mountain Boys, l'alt-country band di casa Sub Pop?), e negli ultimi anni anche paladino di una via "pop" e leggera della roots-music americana portata avanti (con risultati altalenanti) dai Pernice Brothers. Ma Pernice è anche uno di quegli artisti eclettici che amano sperimentare forme alternative di comunicazione, proprio come questa "novel soundtrack" intitolata It Feels So Good When I Stop. Pernice non è nuovo nella narrativa, qualche tempo fa scrisse un divertente racconto intitolato Meat Is Murder, storia autobiografica di un fanatico degli Smiths negli anni 80, e la novella (che ha lo stesso titolo dell'album) che funge da traino a questo disco è una classica storia di formazione, con amori, delusioni e ironie alla Nick Hornby sul mondo degli "adulti" e sui trentenni mal-cresciuti. Il disco invece è stato realizzato con gli stessi collaboratori che lo affiancano nelle avventure dei Pernice Brothers (Peyton Pinkerton, Mike Belitsky, il fratello Bob Pernice e altri), ed è una curiosa raccolta di cover in chiave acoustic-pop di brani che spaziano da Soul And Fire dei Sebadoh di Lou Barlow a Chim Cheree, che altro non è che la colonna sonora di Mary Poppins da noi nota come Cam Caminin Spazzacamin. Basta questo per capire lo spirito del progetto, la storia del ragazzo che (non) si fa uomo passa anche attraverso le sue passioni musicali variopinte e trasversali, che spaziano da classici country (That's How I Got To Memphis di Tom T. Hall) ai Dream Syndicate (una buona resa soft di Tell Me When It's Over), dalle discussioni su Todd Rundgren contenute nella storia (e recitate anche nel disco per introdurre la sua Hello It's Me) a quelle su Pat Boone che seguono le old-style I Go To Pieces (una vecchia hit di Del Shannon) e I'm Your Puppet (brano soul del duo Spooner Oldham/Dan Penn che fu un successo dei James & Bobby Purify nel 1966), quest'ultima modernizzata tanto da sembrare un pezzo degli Eels. "Music for fun" in ogni caso, scherzi d'autore per ricordare al mondo testi notevoli come Found A Little Baby di Liam Hayes alias Plush o la suadente Chevy Van (una hit del 1975 di Sammy Johns). Conclude il menu Black Smoke (No Pope), uno strumentale riesumato dai tempi degli Scud Mountain Boys, e fine del divertimento. Ovvio che l'invito è di ascoltare il cd leggendo il racconto, e ancora più ovvio constatare che il progetto resta un divertissement fine a sé stesso senza troppe pretese. Ma a volte è meglio divertirsi così che annoiarsi del tutto. (Nicola Gervasini)
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