martedì 2 marzo 2010

PATTY GRIFFIN - Downtown Church


2/2/2010
Rootshighway


Galeotto fu un incontro con Mavis Staples per registrare un brano del disco tribute-record Oh Happy Day, quale occasione migliore per una cantautrice di matrice country come Patty Griffin di farsi avvolgere da nuovi umori e sonorità. E lei, che resta probabilmente una delle più importanti voci femminili del florido mondo delle songwriters yankee di questi anni 2000, un nuovo suono lo cercava da tempo, anche se i tentativi di uscire dal seminato ascoltati nel precedente Children Running Through avevano raggiunto risultati contrastanti (è comunque un disco da rivalutare in positivo). E’ nato così Downtown Church, sulla carta uno di quei progetti senza troppe pretese artistiche, nato per caso tra amici in una chiesa di Nashville, con l’immarcescibile Buddy Miller in cabina di regia, le voci delle amiche di sempre Emmylou Harris, Shawn Colvin e Julie Miller, e compagni d’avventura vecchi e nuovi come Jim Lauderdale, Raul Malo e Mike Farris (uno che di gospel se ne intende parecchio). Il risultato, ad un primo superficiale ascolto, ricorda molto le tante sortite di Lyle Lovett in campo spiritual, ma se la Griffin ha da sempre una marcia in più rispetto a molte coetanee, è proprio perché ha sempre dimostrato di non dare mai nulla di scontato nella sua musica, per cui, pur maneggiando un genere che ha delle regole ferree da seguire, il risultato è tutt’altro che lo scolastico e calligrafico compitino a cui siamo spesso abituati per operazioni a tema di questo tipo. La grande mossa è stata quella di non insistere troppo sul clichè del gospel costruito sui controcanti dei Fairfield Four (le stesse black-voices utilizzate da John Fogerty ai tempi di Blue Moon Swamp), ma di mischiare brani tradizionali con firme prestigiose e due bellissimi e toccanti brani autografi (Little Fire e Coming Home To Me) che di gospel hanno veramente poco, ma in compenso tanto della Patty Griffin più ispirata dei tempi di 1000 Kisses. Si parte subito con l’Hank Williams di House Of Gold in versione a cappella, con i primi versi che recitano “La gente ruba, parla e mente per la ricchezza e quello che questa porterà, ma non sanno che nel giorno del giudizio il loro oro e argento saranno liquefatti”, giusto per mettere le cose in chiaro fin dall’inizio sul tono decisamente religioso dell’operazione, utile anche per chi non può sapere che la Credential Records per cui esce il disco è l’etichetta di christian-music della EMI, e magari non è ancora arrivato alla fine dell’album, chiuso da una All Creatures of Our God and King, tradizionale attribuito nientemeno che a Francesco D’Assisi. Si prosegue tra momenti da messa di Harlem come Move Up, If I Had My Way o Death’s Got A Warrant, dove la grande forza della sua voce è stata quella di riuscire ad eliminare quella tipica tonalità un po’ piangente delle country-singer, tanto che quando i suoi polmoni si gonfiano per urlare I Small A Rat come una vera rockabilly-girl, lo spettacolo è garantito (si tratta di un brano della coppia Leiber-Stoller che fu un successo di Big Mama Thornton). Ben dosati i momenti riflessivi (Waiting For My child o The Strange Man), quelli più country-oriented (We Shall All Be Reunited) e quelli nati per muovere il sedere sulla panca della chiesa (Wade In The Water), e in mezzo anche qualche gustoso diversivo come Virgen de Guadalupe, brano in lingua ispanica alla Los Lobos che celebra la famosa madonna apparsa, secondo tradizione, nel Messico del lontano 1531. Un grazie quindi a Patty per averci riconciliato con l’idea del cover-album a tema, e magari anche con quella spiritualità che, credenti o no, grazie alla musica alberga in tutti noi. (Nicola Gervasini)

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