giovedì 13 maggio 2010

KENNY WHITE - Comfort In The Static


Da qualche anno si sente spesso dire un gran bene di Kenny White (e molto spesso sono gli stessi colleghi a farlo), eppure questo musicista-produttore, scoperto a suo tempo per l'ottimo lavoro svolto per il Peter Wolf di Sleepless, non è riuscito a oggi a pubblicare un disco davvero importante. Lui è uno degli uomini di punta della scuderia della Wildflower di sua signora folk Judy Collins, che davvero conta molto su questo Comfort In The Static. La cronaca dice che si tratta del suo quinto album e anche la sua opera più ambiziosa, lungamente costruita nell'arco di tre anni di scrittura (condensati in un mese di registrazioni). Giocandoci probabilmente la vostra voglia di arrivare al termine della recensione, anticipiamo che anche questa non è la volta buona perché il suo nome esca dal settore "addetti ai lavori", ma perlomeno in questo caso vi consigliamo comunque di dare un ascolto a queste dieci canzoni, giusto per ricordarsi come si dovrebbe lavorare in uno studio di registrazione. White infatti dimostra qui tutta la sua grande perizia, sviscerando il suo gusto per gli elaborati estetismi e i gli arrangiamenti iper-studiati, il tutto al servizio di un folk velato di forti tinte jazzy e contrassegnato sempre dal suo pianoforte e dalla una voce profonda e tranquilla.

A tratti addirittura tanta pulizia e perfezione ricorda alcuni eroi dello smooth-pop degli anni 80, se è vero che
Gotta Sing High ruba il riff e anche qualche cosa in più a Blaze Of Glory di Joe Jackson e Carry You Home, forte comunque di un solo di piano decisamente accattivante, ha tutta l'aria di essere un omaggio agli Style Council. Nato produttore prima ancora che musicista, White si esalta non poco con l'elaborato intreccio di archi di Last Night e con i fiati che impreziosiscono Please, probabilmente il brano più rock-oriented. Per il resto il riferimento è il primo Tom Waits, quello che mixava il bebop con la canzone americana di matrice West Coast e rese così memorabile il cuore del sabato sera di tanti anni fa, lo stesso magico cocktail che qui in qualche modo rivive nel bel tour de force di She's Coming On Saturday Night.

La sua bravura è di far apparire semplice quello che semplice non è affatto, e se provate a pensare a quanti sovra-arrangiamenti, strumenti e accorgimenti produttivi ci sono in una delicata folk-song come
Who's Gonna Be The One, vi renderete conto del perché i suoi servigi siano alquanto richiesti. Quello che manca a Comfort In The Static è però il genio, perché qui tutto è perfetto, i suoni, i musicisti (la chitarra di Duke Levine è decisamente il valore aggiunto in brani come Useless Boy), ma alla fine sono troppo pochi gli spunti sorprendenti, e molti i déjà vu senza troppo futuro (Out Of My Element). Troppo comfort in questa staticità forse, quando invece gli farebbe sicuramente bene un po' di scomodo movimento in più, ma per il momento ci possiamo anche rilassare un poco anche noi.
(Nicola Gervasini)

23/04/2010
Rootshighway


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