BIG
WRECK
ALBATROSS
Anthem/Zoe
***
La storia dei Big
Wreck ha radici lontane, nel 1994, epoca della seconda e ultima ondata di
band filo-grunge non strettamente appartenenti alla scena di Seattle (sono
canadesi infatti). Nel 1997 fecero in tempo a sfruttare gli ultimi scampoli di grandi
vendite del genere facendo del loro esordio In
Loving Memory Of... un doppio disco di platino negli Stati Uniti, forti di
un suono che richiamava i Soundgarden (la voce del leader è davvero simile a
quella di Chris Cornell), ma che spesso e volentieri si concedeva svisate prog, con il risultato di un tour in
coabitazione con i Dream Theatre. Ci
misero troppo tempo a pensare al seguito, e The
Pleasure and the Greed uscì nel 2001 finendo presto nell’anonimato, convincendo
così il leader Ian Thornley a
chiudere l’esperienza per fondare una band che porta il suo stesso nome (che ha
avuto anche buon successo negli anni duemila).
Ma in linea con il vago revival del suono grunge di questi ultimi tempi,
ecco che lo stesso Thornley ha riesumato a sorpresa la sigla, orfano però dei
vecchi compagni Dave Henning e Forrest Williams (evidentemente allergici alle
reunion), ma con un nuovo combo formato
da Brian Doherty, Paolo Neta,
Brad Park e Dave McMillan. I Big Wreck che hanno riunito cocci e ceneri sparse
negli anni per pubblicare Albatross
sono dunque una nuova band, ma il sound sparato nelle casse dalla bella title
track che tanto gli sta portando fortuna, e da altri brani, è puro sound anni
90 rigenerato per i palati delle nuove generazioni. Il gioco però sembra
funzionare, se è vero che il disco è senz’altro preferibile all’ingloriosa
reunion dei Soundgarden dello scorso anno, e ha appena vinto il premio di album
rock dell anno agli Juno Adwards del 2013 (sono i grammy canadesi per la
cronaca) . Il vantaggio di Albatross
è che non tenta proprio di nascondere la sua essenza nostalgica, brani come A Million Days (qui gli echi raggiungono
gli Alice in Chains) o la più roots-oriented Wolves appartengono ad un ‘altra era del rock, e tutto sta alla
vostra voglia di rituffarvi in un suono che con i suoi vent’anni e passa si può
ormai definire vintage. Ai canadesi la voglia evidentemente è venuta subito.
Nicola Gervasini
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