lunedì 27 maggio 2013

CHARLES BRADLEY



Charles Bradley 
Victim Of Love 
[Daptone  2013]

www.thecharlesbradley.com


 File Under: non è mai troppo tardi per il soul

di Nicola Gervasini (06/05/2013)La vicenda di Charles Bradley, "l'aquila urlante del soul" come l'hanno definito i critici americani, ve l'abbiamo già raccontata in occasione del suo primo album (No Time For Dreaming del 2011), ed è stata anche ben descritta in un film del 2012 reperibile anche in DVD (Charles Bradley: Soul of America del regista Poull Brien). 65 anni, ma discograficamente nato solo negli ultimi tre, Bradley ha trascorso una vita ad inseguire un'esistenza normale (vagabondo e cuoco le sue occupazioni principali), passando attraverso un paio di ricoveri che lo hanno visto molto vicino alla morte e il sogno di poter emulare il mito nato nel 1962, quando la sorella lo portò ad un concerto di James Brown che ne ha segnato l'esistenza. Tanto che il suo primo disco, al di là delle curiosità nate dalle particolari note biografiche, ci aveva lasciato perplessi proprio per l'eccessiva dipendenza dal Brown-pensiero, ma con Victim Of Love il nostro sembra invece aggiustare il tiro, mostrando anche - per quanto possa suonare paradossale dirlo parlando di uno over-sessanta - una evidente maturazione nel songwriting.

Accade che Bradley ha saputo meglio sfruttare l'apporto dei musicisti di casa Daptone, sempre guidati dal produttore Thomas "TNT" Brenneck, e soprattutto ha ampliato il range di influenze musicali, abbandonando il James Brown degli anni sessanta per spostarsi con passione nel decennio successivo, abbracciando in pieno l'era della Black Exploitation di Al Green (Let Love Stand A Chance), Isaac Hayes (la splendida Love Bug Blues), Curtis Mayfield (Confusion e Where Do We Go From Here?) , Booker T. & the M.G.'s (Dusty Blue). E dopo i toni pessimistici delle tante (e troppe) ballads del suo primo album, Bradley prova anche a lasciarsi andare a sentimentalismi (l'acustica Victim Of Love) e al puro gusto della vita (You Put The Flame On It), dove anche la tristezza di Crying in the Chapel (ballatona tutta fiati e arpeggi melodici alla Otis Redding) finisce per essere pretesto di gioia.

Resta il fatto che nonostante il generale miglioramento, continua a non esistere una "canzone alla Charles Bradley", e fin qui il peccato pare veniale in quest'era di personalità musicali derivate, ma lui però continua a dare l'impressione del fan che ha voluto provarci "per vedere l'effetto che fa" ad essere dall'altra parte del microfono. E la produzione sempre precisa e calligrafica del team della Deptone non riesce comunque a nascondere i toni da absolute beginner del soul tipici del personaggio. Come dire che Victim Of Love è un buon prodotto di un principiante di professione.

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