E poi arrivò il giorno in cui Dave Grohl si rese conto che
in questa storia del rock non sta transitando da spettatore, ma conserva pur
sempre un posto d’onore, con tutte le responsabilità che questo comporta. Come
quella di non vivere sul passato Nirvana, ma neppure su quello degli stessi Foo Fighters. Nato come un estemporaneo
side-project nel 1995 con un esordio atipico
e a suo modo avanti nel tempo (quasi un pre-indie), maturato poi in un rock ad
alto voltaggio con il grande The Colour
and the Shape del 1997, il progetto Foo Fighters si era via via consumato in
una faciloneria da rock pro-MTV generation. Sonic Highways (Rca)
cambia tutto: Grohl per la prima volta smette di giocare ad essere il giovane
che più non è, e matura un progetto da alta scuola rock. Otto brani che narrano
otto città americane anche attraverso otto mini-film, trasmessi con successo
dalla pay-tv HBO. Chicago, Austin, Nashville, Los Angeles, Seattle, New
Orleans, Washington e New York vengono descritte partendo dagli studi di registrazione
dove sono nati i brani, con un’ampia analisi visiva della moderna cultura
americana e una serie di interviste agli eroi musicali del luogo (Dolly Parton,
Paul Stanley dei Kiss, Joe Walsh degli Eagles, e tanti altri). Pretenzioso
parrebbe, eppure Grohl azzecca misura e gusto, con un lotto di brani finemente
scritti (ascoltate Congregation o Subterranean ad esempio) che dimostrano
che forse ogni tanto ci fa, ma, se volesse, ci sarebbe sempre. Certo, gli anni
2000 sembrano passati invano in queste note, e il revival anni 90 è dietro l’angolo,
e qualche accanito fan mugugna un po’ per questa versione più
intellettualizzata della band. Eppure il marchio di fabbrica resta comunque riconoscibilissimo
fin dalla iniziale Something From Nothing,
in cui si fanno aiutare da Rick Nielsen dei Cheap Trick per un viaggio nei
bassifondi di Chicago, o quando chiamano
Ian MacKaye dei Minor Threat e Fugazi per spiegare al mondo cosa è stata
la scena hardcore di Washington. Grohl passa dunque alla didattica attraverso i
suoi miti (da Willie Nelson agli ZZTop), con un atteggiamento da padre
consapevole che chiude finalmente l’era della X generation.
Nicola Gervasini
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