Annie
Keating
Bristol
County Tides
(Appaloosa/IRD,
2021)
File Under: ho tante storie ancora da raccontare…
Ci voleva l’italiana Appaloosa
per accorgersi di una brava cantautrice come Annie Keating, artista che
avevamo segnalato fin dal 2006 ai tempi del suo secondo album Take The Wheel
o del buon Belmont del 2008 I suoi album in patria statunitense sono
sempre stati orfani di una label importante che li pubblicasse e promuovesse,
ma almeno da noi l’etichetta brianzola ha provato a rilanciarla nel 2018
producendo la sua prima raccolta All The Best e puntando molto su questo
corposo ritorno in studio intitolato Bristol County Tides, settimo album
che arriva a cinque anni di distanza da Trick Star. 15 canzoni, 57 minuti di
musica, e una fitta trama di testi che nell’edizione italiana hanno pensato
bene di tradurre per apprezzare al meglio lo sforzo creativo. La Keating fa
parte della tradizione di cantautrici post-Lucinda Williams, musicalmente ama i
toni aspri delle chitarre elettriche su un tessuto autoriale di estrazione
country/roots sicuramente non innovativo, ma sempre ben realizzato. La potremmo
avvicinare a Mary Gauthier (che canterebbe volentieri un brano come Marigold),
se non fosse che ha una vocalità meno profonda e caratteristica che un po’ ne
limita la potenza espressiva.
Lei stessa presenta il disco come
un “album pandemico fatto di risvegli e ispirazioni”, il che rende evidente
subito il tono intimista e da confessione da artista delle 15 canzoni, che
hanno come filo conduttore la sua decisione di abbandonare New York per
rifugiarsi in una città di mare del Massachussetts. C’è dunque il tono della
sconfitta di una artista che nella Grande Mela era arrivata dalla natia Boston
piena di speranze, in un momento in cui questa musica aveva anche un suo
mercato, ma ci troviamo anche la serenità di chi alfine ha trovato un proprio
equilibrio nell’offrire sé stessa a chi ancora ha voglia di ascoltarla. Noi sicuramente,
perché per quanto il disco soffra di una certa mancanza di varietà espressiva e
ci rendiamo conto che difficilmente possa piacere a chi non mastica già
abitualmente il genere, questi 15 pezzi rappresentano un piccolo bigino di
buona scrittura, fin dalla galleria di personaggi posta in apertura di Third
Street, dal vecchio settantatreene che ancora fa impazzire le donne, al
poliziotto che gode nel fermare le macchine per eccesso di velocità, tutte
figure che parlano in piccolo dei grandi problemi di una nazione che sta
facendo fatica a trovare una propria identità ora che sta perdendo pian piano
il ruolo egemone, sia economicamente che culturalmente. Insomma, la ritirata in
provincia è un modo per raccontare di come la piccola dimensione umana è
necessaria per ricostruire una coscienza sia a livello personale che universale,
sia che la si ritrovi all’ Hank's Saloon o negli affetti più vicini di Song
For A Friend o Doris. Un disco umanamente prezioso, da rileggere più
volte con attenzione.
Nicola Gervasini
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