Sterbus
Let Your Garden Sleep
(Zillion Watt Records,
2021)
File
Under: A Power-Popera
Non
è facile inventarsi nuove definizioni, ma visto che agli Sterbus non ha
mai fatto difetto l’ironia, questo loro nuovo album Let Your Garden Sleep
viene presentato come una “power-popera”.
Dove al termine “opera”, che forse ben si addiceva al loro monumentale doppio
album precedente (Real Estate/Fake Inverno), si contrappone un disco fresco,
immediato, diretto e alfine breve, dove impera la religione del power-pop, sia
di derivazione Costelliana, che ancor più dell’era d’oro del Brit-pop della
seconda metà degli anni 90. Insomma, il gran mix di stili del primo album è
stato ridotto all’osso per cogliere l’amore per un certo rock da garage del duo
formato da Emanuele Sterbini e Dominique D'Avanzo, con nove brani che cercano brevità
ed efficacia, e si dilungano solo nella conclusiva Murmurations.
Prodotto dal duo, che si divide anche i compiti di composizione (i testi sono
della D’Avanzo), l’album è stato registrato con l’ausilio di una serie di musicisti
sia italiani (in particolar modo Riccardo Piergiovanni e Francesco Grammatico) che
britannici (Noel Storey, Al Strachan, Layer Bows). Nothing of Concern
apre le danze mostrando subito i punti fondamentali: uso di tastiere e archi
alla Beatles, ritmica e chitarre in puro stile British ‘80 alla
Smiths/Housemartins, impasti vocali a sottolineare le linee melodiche, bridge
con voci filtrate, assolo di chitarra semplice e non invasivo: il pezzo è
potente e ben scritto, e probabilmente in altre epoche avrebbe potuto anche
essere una piccola hit radiofonica in terra d’Albione. La ricetta non varia
molto anche dopo, tra citazioni evidenti (Stalking Heads, in cui
interviene anche un delizioso pianoforte) e il “remmianissimo” titolo Gardeners
At Night (in verità quasi un pezzo alla X), ampi spazi lasciati anche solo
alla vocalità leggera di Dominique D’Avanzo (My Friend Tim o una Polygone
Bye che rimanda molto al dream-pop dei Sundays) e momenti più da adrenalina
come B-Flat Love o più classicamente pub-rock come Helpelss Waitress.
Il disco si chiude con gli episodi più complessi, una The Accidentalist
che parte acustica per poi esplodere, e la lunga e sognante Murmurations,
con la sua chiusura maestosa in un tripudio di archi e cori. Disco ben prodotto
e maturo, decisamente rivolto ad un mercato e ad un gusto estero che speriamo
trovi comunque i suoi riscontri anche a casa propria, con il rammarico di
quanto il mercato internazionale oggi non possa forse davvero valorizzare questi
sforzi produttivi (compresa anche la bella copertina realizzata da Dario
Faggella), un tempo rari anche nella nostra terra.
Nicola Gervasini
Nessun commento:
Posta un commento