martedì 21 ottobre 2008

THE NORTHSTAR SESSION - New Prehistoric Times


13/10/2008

Rootshighway


VOTO: 7



Ultima emanazione di quel crogiuolo inesauribile di band che è la California, i Northstar Session sono un quartetto che con New Prehistoric Times arriva a pubblicare il proprio disco di esordio dopo più di sei anni di rodaggio on the road e un paio di ep (Little Lies del 2005 e To Be Continued del 2007). Vita da bar e di hotel di quarta categoria quella di Matthew Szlachetka (non chiedeteci la pronuncia esatta del nome…) e soci (il batterista Kane McGee, Dave Basaraba alle tastiere e Chris Torres al basso, quest'ultimo a volte sostituito da Paris Patt), e soprattutto un grande amore per il rock americano degli anni '90, quello dei Counting Crows di quel Matt Malley che li sponsorizza con forza in ogni sito possibile. Sono forse quelli della vecchia scena "americana" i nuovi tempi preistorici richiamati nel titolo, quelli raccontati in un disco che avremmo potuto sperare anche di vedere in classifica ai tempi in cui, con cosette di identica cristallina leggerezza, gli Hootie & The Blowfish vendevano 15 milioni di copie, ma che oggi ci consiglieremo tra pochi, con la passione e devozione di chi a questo suono rimane inesorabilmente legato per mille motivi. Undici brani che non nascondono di essere figli di una way of life da rocker indomito e che ritrovano quella voglia di unire canzone d'autore a ossature musicali elettriche. Ascoltate l'iniziale Straight To You: ha l'incedere delle idee dei Jayhawks, così come è tipico del duo Louris/Olson il concept di una canzone cantata in coro su un tappeto incessante di organo Hammond. Ma è tutto il disco che ama adagiarsi su intuizioni melodiche di sicuro impatto, come la poppettara Lovely Life o la più dura Easier, un brano che devono aver sottratto dal songbook dei Black Crowes, dimenticandosi di avvertirli. Sebbene il disco nasca dall'energia di una attività live che gli ha già garantito l'esistenza di un agguerrito fan-club, sono molti i brani che scelgono una via melodica e riflessiva, come le smussate All At Once o Been Here Before o la dolce storia di Poldy And Molly. Solo Hanging On ritrova chitarre decise e un ritmo bluesy che ben si sposa con l'impalcatura vocale, che resta comunque sempre molto "easy". Particolare gradimento sta riscuotendo Hard To Be Found, ballatona acustica da accendini accesi e mano nella mano con il partner, scolastica ma efficace, come si richiede a quelle vecchie slow songs che Joe Jackson già rimpiangeva più di vent'anni fa. Ci si riprende subito con Morris e il suo piano honky-tonk pulsante o con il rock ramingo di All Roads, che riporta in auge la filosofia da bar-band da X-Generation dei Gin Blossoms. Buon finale con la bella prova di scrittura di Worlds Apart, anche se a voler essere pignoli nel menu sembra mancare il brano killer che fa consumare il tasto repeat del proprio stereo. Ma New Prehistoric Times appartiene alla razza dei dischi nati in pullman tra una città e l'altra, è istintivo e sragionato come te lo aspetti, per maturare c'è sempre tempo e chilometri ancora da fare.(Nicola Gervasini)

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