domenica 19 ottobre 2008

THE SOFTONE - These Days Are Blue



10 ottobre 2008
Rootshighway

VOTO: 6,5


Hanno dimostrato grande coraggio i napoletani Softone nel produrre questo These Days Are Blue: avventurarsi nel difficile e affollato terreno dell' indie-folk internazionale è impresa per pochi nelle nostre terre, soprattutto in un momento in cui il cosìdetto '"indie italiano" non anglofono sta vivendo una fase di fermento tale da essere infinitamente più remunerativo in termini di consensi e notorietà. Loro invece scelgono l'ardua via di coniugare i Beatles più maccartiani (Hello and Say Goodbye, che vede la partecipazione del siriano-statunitense Faris Nourallah) con il minimalismo sonoro di tutta la scena indipendente recente, di mischiare archi e barocchismi europei (Promises) con i tentativi più sperimentali del "mondo roots" più progressivo (The Light potrebbe uscire dal cappello dei Wilco, All My Days sa di un Howe Gelb particolarmente depresso). Al cantante (e autore di tutti brani) Giovanni Vicinanza si potrebbe dare anche del follemente pretenzioso, e forse quando in Having A Coffee cerca la perfetta pop-song uggiosa che non riesce più ai Coldplay, sopravvaluta le proprie forze, così come a volte esagera nel calcare l'effetto notturno della propria musica (Close Your Eyes). Ma per uscire soddisfatti dalle trame slow-core di Dear Mercy non serve dover usare il fastidioso preambolo "bravi…per essere degli italiani", così come stanno in piedi da sole la bluesata From The Backyard o la semplice folk-song di You Could Change My Life. Vicinanza, per evitare scivoloni nel provincialismo, ha voluto registrare il disco negli Stati Uniti, lontano dalle trappole di una dizione inglese maccheronica, e relegando all'azzurrino della copertina l'unico possibile riferimento alle loro origini partenopee. Non sappiamo se questo basterà a farli uscire dai nostri confini, sicuramente è sufficiente a farli mettere nella nostra serra di rose che potrebbero fiorire con il tempo. (Nicola Gervasini)

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