lunedì 6 ottobre 2008

WEEZER - Weezer (The Red Album)


29/09/2008

Rootshighway



VOTO: 5,5


Per entrare nella storia del rock ai Weezer bastò scrivere un'irresistibile pop-song di poco più di due minuti, dedicarla al primo secchione divenuto rockstar (Buddy Holly), e immortalarla in un geniale video di Spike Jonze che li catapultava direttamente in una puntata del telefilm Happy Days. Sono passati quattordici anni da quei giorni di gloria, e la copertina del nuovo album non li nasconde: se il loro disco di esordio ci mostrava quattro anonimi nerds in campo blu, questa sesta fatica (ufficialmente senza titolo) ci mostra in campo rosso quattro ultra-trentenni con un look ben più consapevole. Tempo di smetterla dunque di essere il simbolo del geek-rock, vale a dire i paladini musicali di una generazione di sfigati americani cresciuti guardando telefilm in tv, sgranocchiando pop-corn e ascoltando tanto garage-rock. Questo Red Album continua l'opera di maturazione iniziata con il precedente Make Believe, confermando Rick Rubin in cabina di regia per più della metà dei brani, e barcamenandosi tra il metal-pop degli esordi e una sorta di canzone d'autore ancora non ben definita. Il leader Rivers Cuomo ha instaurato un regime più democratico, permettendo anche ai suoi comprimari di contribuire con brani propri, ma Automatic del batterista Pat Wilson, la romantica Though I Knew del chitarrista Brian Bell o Cold Dark World del bassista Scott Shriner non portano risultati utili alla causa. I vecchi fans si sentiranno invece rassicurati sentendo l'apertura in puro stile Weezer di Troublemaker, e soprattutto il singolo Pork And Beans, che tanto richiama Buddy Holly, e che è già famoso per lo spassosissimo video che omaggia tutti i principali nuovi eroi del sito YouTube. Avranno invece bisogno di tempo per metabolizzare i tentativi di apertura ad un songwriting di impostazione più classica, vagheggiati dal lungo finale di The Angel And The One o da Dreamin'. Particolarmente degna di nota è il lungo scherzo di The Greatest Man That Ever Lived, vale a dire sei minuti in cui i Weezer riescono a citare almeno cinque o sei modi di fare musica dell'era moderna, dal rap al nu metal, passando attraverso power-pop e indefinibili cori ubriachi. Notevole anche la ballata acustica Heart Songs, sorta di personale storia del rock di Cuomo, in cui scopriamo i suoi miti di gioventù (Abba, Devo e Pat Benatar, ma anche Springsteen, Joan Baez, Cat Stevens e Gordon Lightfoot), il suo periodo metal (omaggi a Quiet Riot, Iron Maiden e Slayer), l'infatuazione per il pop degli anni '80 (nomi fortunatamente persi nel tempo come Debbie Gibson e Rick Astley), per giungere ai tempi in cui fu lui a passare dall'altra parte del palco. Ma le idee su dove andare a parare paiono ancora troppo confuse, e si passa da una inutilmente rispettosa versione di The Weight della Band (quando da loro ci si aspetterebbe una sana irriverenza), ad un goffo tentativo di recuperare i teenagers di un tempo scimmiottando i Red Hot Chili Peppers (Everybody Get Dangerous). Ridateci Fonzie...(Nicola Gervasini)

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