domenica 15 novembre 2009

ROBERT EARL KEEN - The Rose Hotel


12/10/2009
Rootshighway


Ci ha messo ben quattro anni Robert Earl Keen a dare un seguito all'acclamato What I Really Mean, il suo disco più venduto (non ci voleva molto in fondo, vista la sua vita ben lontana dai margini del mercato discografico), nonché uno dei suoi titoli in cui ogni tanto ci si dimentica di pensare quanto belle sono le sue canzoni quando sono interpretate da altri. The Rose Hotel conferma lo stato di grazia di questo texano dagli occhi troppo dolci per poter vestire i panni di un credibile outlaw, soprattutto grazie ad una bellissima produzione confezionatagli da Lloyd Maines e al savoir faire di bravi musicisti, tra cui spiccano il mandolinista Rich Brotherton e la fisarmonica di Bukka Allen. The Rose Hotel appare dunque un disco musicalmente molto vario e volutamente pensato per oltrepassare lo scoglio delle limitate doti espressive della voce di Keen, un tallone d'achille che già impedì ai suoi bei dischi degli anni 90 di diventare dei classici (pensiamo a Gringo Honeymoon o a Picnic, che flirtavano non poco con l'alt-country dell'epoca).

La partenza è scoppiettante: The Rose Hotel è un classico brano di frontiera, materiale adatto per un ipotetico nuovo disco dei Flatlanders per intenderci, mentre la cover di Flying Shoes di Townes Vand Zandt appare azzeccatissima, primo perché in questo caso la vocalità di Keen è molto simile a quella di Townes, secondo perché Maines si inventa un giro di basso pulsante e minaccioso che dona una nuova veste ad un brano per cui non esistono aggettivi di apprezzamento sufficienti a definirne la bellezza. Che il team abbia una marcia in più lo dimostra anche Throwing Rocks, un banalissimo rockettone da bar nella sostanza, come ce ne sono mille in tutti i dischi di Austin, ma che vanta un devastante finale con belle voci black femminili, il banjo di Danny Barnes che da spettacolo, e persino il sempre compassato Keen che perde le staffe per pochi secondi. Piace anche il divertente siparietto rock di 10.000 Chinese Walk Into A Bar, racconto cinematografico condotto con l'amico Billy Bob Thornton, con il suo riff decisamente rock a cui fa subito da contraltare il ritmo scanzonato e saltellante di un reggae impolverato come Something That I Do.

Come spesso succede ai suoi dischi, la seconda parte perde un po' di nerbo, e qua e là appare qualche brano non all'altezza del contesto (On And On e Village Inn), ma Keen fa comunque a tempo a piazzare una bella drunk-song come Goodbye Cleveland, un ottimo duello con Greg Brown nella sua Laughing River e un sentito e riuscito omaggio a Levon Helm in The Man Behind The Drums. Finale con bel country corale (Wireless In Heaven) e tutti a casa soddisfatti, consci che lo spettacolo è stato pieno di difetti, forse più attento a strabiliare e meno concentrato sulle canzoni del solito, per quanto genuino e confezionato con capace convinzione. Visto che ci siamo davvero divertiti, basta anche così.
(Nicola Gervasini)

3 commenti:

Ercole Speranza ha detto...

complimenti x il blog!
davvero molto, mooolto interessante!

una curiosità, qualche parentela con Mauro Gervasini?

avrò letto qualcosa di tuo anke su film tv, sempre di musica? (tom waits?)

un saluto dalla cantina di
Johnny Basement

Nicola Gervasini ha detto...

Ciao Johnny Basement...grazie!

sì...Mauro Gervasini di FILM TV è mio fratello, e per la rivista ho fatto 2 box sui dischi di Waits e Dylan imprescindibili che trovi anche in questo blog - un vero e proprio raccomandato in questo caso :-)....

http://ennegi.blogspot.com/search/label/2009%20Film%20TV

a parte qualche inedito, tutto quello che trovi qui è pubblicato sul sito
http://www.rootshighway.it/
o sul mensile Buscadero

Nicola Gervasini ha detto...

...e ovviamente da Dylaniano DOC (prima viene BOB, poi il resto del mondo...) complimenti per il tuo blog, lo metto nella lista amici ;-)

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