mercoledì 20 gennaio 2010

BOSQUE BROWN - baby


Gennaio 2010
Rootshighway




GrassettoDavanti a dischi come questo Baby, prima opera della cantautrice Mara Lee Miller - in arte Bosque Brown - dopo due promettenti ep (il primo, del 2005, si chiamava Bosque Brown Plays Mara Lee Miller, con un divertente gioco d'identità degno dell'Elvis Costello più egocentrico), ammetto di arrivare a dubitare delle mie orecchie per qualche attimo. E' un problema mio se non riesco a cogliere in pieno il valore di 13 brani lenti, ipnotici, e spesso mal cantati, che si protraggono stancamente per 40 minuti? Oppure forse Baby è solo la punta dell'iceberg di una generale perdita del senso di come e perché realizzare un disco oggi. L'utilità di Baby sta forse nel presentare una nuova grande songwriter? Non direi: qui si scimmiotta Cat Power, si vagheggia la PJ Harvey di White Chalk e si gioca con mille stili diversi succhiati dall'arida terra del Texas da cui la Miller proviene, riuscendo nella difficile impresa di far sembrare comunque tutte le canzoni sostanzialmente simili. Non che la Miller difetti di stile e know how quando gioca con l'alt-country, con il blues, il jazz e il gospel dei brani vocali a cappella, ma semplicemente le manca qualcuno che la curi da un terribile morbo che sta sempre più invadendo il mondo indie: l'accontentarsi. L'accontentarsi di due plin plin di pianoforte messi in croce, l'accontentarsi di ostentare essenzialità dimenticando la sostanza in qualche anfratto della propria mente, l'accontentarsi di registrazioni da buona la prima, stonature volute o semplicemente inevitabili e atteggiamenti alla moda che celano una generale superficialità. La Fargo preparava il terreno da quattro anni per questo esordio, ma questa volta inciampa su una buccia di banana che si chiama inesperienza, mancanza di tanta gavetta e una gran dose di umiltà. E non è certo un problema mio questo. (Nicola Gervasini)

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