venerdì 17 gennaio 2014
BRENDAN CANNING
BRENDAN CANNING
YOU GOTS 2 CHILL
SQE/Draper
St. records
***
In Canada
Brendan Canning è ormai
una sorta di monumento nazionale. Nulla a che vedere con i nomi storici
nazionali come Neil Young o la Band, e forse neppure con quelli più sotterranei come i Tragically Hip , ma l’attività di
questo quarantaquattrenne di Toronto affonda le radici negli albori dell’indie
canadese di fine anni ottanta, con band come By Divine Right, Blurtonia, Valley
of the Giants, Len, o hHead, tutti nomi che forse oggi vi possono dire poco, ma
che hanno contato non poco nell’underground della città. In ogni caso il nome
della sua band più nota, i Broken Social Scene, vi potrebbe non suonare
nuovo in virtù di quattro acclamanti album pubblicati tra il 2001 e il 2010,
con titoli come You Forgot It in People o l’album omonimo del 2005,
che sono a ragione considerati dei piccoli classici della musica degli anni
zero. In più di trent’anni di carriera Canning aveva tentato la via solista
solo in un occasione, con quel Something
for All of Us del 2008 che ne aveva svelato il lato più intimo e acustico. You Gots 2 Chill arriva a coprire un lungo periodo di pausa della band e ribadisce la
vena folk “à la Nick Drake” del Canning solista, compreso il vezzo di consegnare
una serie di frammenti di canzoni e pezzi strumentali che vogliono ovviamente
richiamare/omaggiare/plagiare il mito di Pink
Moon. Il risultato, che si mette in coda rispetto a mille altri tentativi
simili di questi ultimi quindici anni, è
uno di quei dischi dove la sostanza - laddove c’è - va cercata, attesa e
scoperta tra tanto tergiversare e prendere tempo con frammenti senza troppo
senso. Per cui normale che ci si ritrovi a gustare una bella folk-pop-song come
Bulied Days (impreziosita dalla voce
di Daniela Gesundheit degli Snowblink) dovendo poi
subito dopo sopportare gli inutili inserti di drum machine e elettronica di New Zealand Tap Dancing Finals. Prendere
o lasciare, You Gots 2 Chill è un vero e proprio side-project
di un artista che dimostra di non avere nessuna intenzione di dare più importanza
a questo percorso rispetto a quello ormai consolidato e acclamato dei Broken
Social Scene. Per cui qui si sperimenta, si azzeccano brani di pregevolissima
fattura come Late Night Stars,
qualche strumentale acustico nato per omaggiare miti folk presenti ovunque in
queste note (Post Fahey) ma anche
troppi momenti inutili (Long Live Land
Lines). Quando la sensazione è che se prendesse l’impegno solista più
seriamente, potremmo davvero sentirne e vederne delle belle…
Nicola Gervasini
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