lunedì 27 gennaio 2014

ELVIS COSTELLO & THE ROOTS

La regola è quasi matematica: nel rock l’unione non fa la forza. Anni di collaborazioni e dischi a doppia ragione sociale hanno quasi sempre prodotto effetti che non equivalevano alla somma dei fattori in campo, ma sempre qualcosa in meno. Se poi l’unione è quella del tutto improbabile tra un riottoso battitore libero irlandese (Elvis Costello) e una band che ha fatto scuola nella black music degli anni novanta (i Roots), il timore di un discutibile matrimonio alla Lou Reed/Metallica pare giustificato (Lulu resta una grande opera suonata da due realtà che non potevano proprio parlarsi). Wise Up Ghosts (Blue Note) è in questo senso una sorpresa in positivo, perché se le nozze continuano ad apparire innaturali, il risultato non è affatto improponibile. Il fallimento (inevitabile) sta solo nel fatto che non ne esce qualcosa di nuovo e rivoluzionario, ma semplicemente un nuovo disco di Elvis Costello con un sound solo un po’ più funky e moderno del solito (se moderne possono essere considerate queste vecchie soluzioni filo-hip hop). Esattamente come quando Neil Young incontrò i Pearl Jam ai tempi di Mirror Ball e ne uscì un bel disco di Neil Young solo casualmente suonato dai Pearl Jam e non dai Crazy Horse, è facilissimo anche in questo caso immaginarsi gli Attractions e non i Roots alle prese con le ritmiche di brani come Walk Us Uptown o il piano di Stevie Nieve puntellare una ballata come Tripwire. Refused To Be Saved resta uno dei pochi casi in cui Elvis prova a uscire dai suoi standard e dare una cadenza da rapper al suo canto, ma il Costello nervoso e sincopato degli esordi aveva probabilmente più ritmo senza dover per forza strizzare l’occhio a mondi lontani. Il disco sta comunque portando quell’attenzione dei media che Costello stava cercando ormai disperatamente da una decina d’anni, spesi tra dischi ignorati dal suo stesso pubblico e una serie di irosi proclami contro l’industria discografica e il download illegale. La buona notizia è che questi dodici brani (quindici nella deluxe edition) sono comunque più che degni del suo buon nome, e i Roots riescono a dargli quella verniciata di fresco che pareva necessaria. Ma è pur sempre una ristrutturazione, non una casa nuova di zecca.


Nicola Gervasini

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