mercoledì 29 gennaio 2014
WHITE DENIM
WHITE DENIM
CORSICANA LEMONADE
Downtown Records
***1/2
I White Denim
rappresentano la vera dannazione per chi scrive di musica. Voi per la maggior
parte probabilmente non sapete chi diavolo siano, io invece devo cercare di
farvi capire che genere suona una band che appunto cerca di non essere di
nessun genere. Fortuna vuole che Corsicana Lemonade, che per la cronaca è già il loro
sesto titolo dal 2008 a oggi, sia album prodotto, oltre che dal bravo Jim
Vollentine, nientemeno che da Jeff Tweedy, uno
che in questa confusione di riferimenti storci ci sguazza come un bambino in un
negozio di giocattoli, ma che è stato in grado anche di mettere un minimo
d’ordine in alcuni brani. Sarà forse meno acclamato del precedente D del 2011 questo album, meno istintivo,
meno volutamente fuori dagli schemi, meno jam-oriented, più incentrato sulle
canzoni. Brevi, incisive e tutte riuscite: 37 minuti di
psych-rock tra riff di hard blues (Limited
by Stature), echi di black music (Come
Back) tanta psichedelia da West Coast (New
Blue Feeling, Distant Relative Salute) e blues destrutturati (Let It Feel Good). Il tutto passato attraverso la voce anche abbastanza
soul-oriented di James
Petralli , la
chitarra spesso acida e distorta di Austin Jenkins e una sezione ritmica (Joshua Block e Steve
Terebecki) che guarda spesso in direzione White Stripes finendo poi per
sembrare più quella dei North Mississippi All-Star. A condire il tutto Tweedy
che gioca con mellotron e addirittura coinvolge il figlioletto Spencer con la
sua toy-drum in A Place To Start. Non
si fanno mancare nulla questi ragazzi di Austin, pezzi da hard rock anni 70 (se
scoprissi che Pretty Green fosse in
origine un brano dei Bachman Turner Overdrive non mi sorprenderei più di
tanto), improvvisazioni da studio (Cheer
Up/Blues Ending, titolo che omaggia significativamente i Blue Cheer, veri
punto di riferimento della band) e brani da hard-blues trio alla Groundhogs (At Night In Dreams). Siamo sempre nel
campo del revival-rock per retro-lovers in cerca di giovani leve, diciamo pure
la faccia seventies di quello che gli Strypes stanno facendo nel lato
sixties-garage-rock, per cui non sperate nel futuro del rock and roll, ma in un
ancora pienamente vivo presente di un sound immortale.
Nicola
Gervasini
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