lunedì 20 gennaio 2014

HORRIBLE CROWS

THE HORRIBLE CROWS
LIVE AT THE TROUBADOUR
Side One Dummy Records
***
In altri tempi un live pubblicato subito a ridosso di un disco d’esordio sarebbe stata una pazzia discografica non accettabile. Se poi ad esordire era non una nuova band, ma un side-project di un gruppo con ancora molta storia da scrivere, allora ci rendiamo subito conto di come l’uscita di questo Live At The Troubadour degli Horrible Crows sia davvero lo specchio dei tempi, dove non si cerca più la vendita in massa e nuovo pubblico, ma si coccola quello già esistente fino a rendere ufficiale una registrazione quasi da bootleg. Ma andiamo con ordine: gli Horrible Crows sono una creatura di Brian Fallon, voce e penna dei Gaslight Anthem. Al loro attivo hanno un solo album (Elsie), pubblicato nel 2011 approfittando della pausa della band all’indomani di American Slang, e a conti fatti forse la cosa migliore prodotta da Fallon dopo il pluri-declamato The ’59 Sound, perché scopriva il lato più dark e cantautoriale e si permetteva esperimenti non più riscontrabili nei monolitici album dei Gaslight Anthem. Difficile però capire l’esigenza di pubblicare questo album, fedele testimonianza del secondo concerto della band tenuto il 14 settembre del 2011 davanti ad una platea di festanti ragazzi, se non quella di avere una prima testimonianza live della sua carriera. La scaletta è presto detta: Elsie viene eseguito interamente, anche se con ordine sparso, con versioni anche molto buone e spesso migliori dal punto di vista vocale di Fallon, uno che sul palco sa dare sempre il giusto. I brani poi sono spesso allungati per la tendenza del nostro alle lunghe presentazioni e  chiacchierate con il pubblico, mentre la band capitanata dal chitarrista Ian Perkins si limita ad eseguire il suo compito, conscia dello scarso rodaggio del gruppo. Le due chicche arrivano dalle cover, che vanno a scavare nel mondo del pop odierno (Teenage Dream di Kate Perry, ovviamente irriconoscibile) e degli anni ottanta (una applauditissima Never Tear Us Apart degli INXS), più che altro perché Fallon è bravo a camuffarle da canzoni sue. Per il resto il gioco di versione migliore o peggiore rispetto all’album lo lasciamo ai fans, perché questo è un prodotto (completato da opportuno dvd con riprese della serata) dedicato ad un pubblico che per Fallon riproduce in piccolo la devozione al limite del fanatismo suscitata da Bruce Springsteen. La cui inevitabile influenza, nel caso degli Horrible Crows, aleggia molto meno del solito, e questo è uno dei tanti motivi per cui questo live invoglia a caldeggiare un vero secondo capitolo al più presto.

Nicola Gervasini

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