HYMALAIAN
Electric Blues Recordings
***
O
la va, o la spacca si suole dire in questi casi. Nel 2009
gli inglesi Band Of Skulls erano
arrivati in ritardo rispetto all’esplosione del fenomeno del nuovo blues-rock
degli anni zero, quando gli White Stripes erano ormai storia passata e i Black
Keys già in fase calante. Forse è per questo il loro terzo album Hymalaian
rappresenta un po’ la prova del nove per capire quanto potranno contare in
futuro. Se il precedente Sweet Sour
aveva ricevuto consensi non sempre unanimi e una riposta di pubblico un po’
tiepida, è forse anche perché il disco insisteva su soluzioni da trio
hard-blues da primi anni settanta, con una ricetta fatta con qualche riff
rubato a Jimmy Page e un tocco di pop psichedelico per ingentilire il tutto.
Himalayan invece gioca la carta della varietà, magari mettendo tutti
tranquilli con i due brani iniziali (Asleep At The Wheel e la title-track), che perseverano nel più tipico stile della band, ma
ben presto provando nuove vie stilistiche. Arrivano così il rock and roll (in
senso zeppeliniano) di Hoochie Coochie,
le melodie pop di Nightmares e della
briosa Brothers And Sisters (uno di
quei brani che si stampa nelle orecchie al primo ascolto), l’ipnotica
psichedelia di Cold Sweat e
addirittura un lento da accendino come You
Are All That I Am Not. Una prima parte che soddisfa e diverte, ma che
lascia sempre una strisciante sensazione di gruppo che gioca a essere qualcun
altro, di poca personalità. Sensazione confermata da alcune deragliate nella
seconda parte della scaletta. In I Guess
I Know You Fairly Well Russell
Marsden e Emma Richardson (il trio è
completato dal batterista Matt Hayward) esagerano forse a sottolineare la
componente pop con qualche coretto di troppo, mentre la spagnoleggiante Toreador appare come una risposta poco
convincente alla Conquest che fu
degli White Stripes era Icky Thump. Pienamente riuscita invece la tarantiniana Feel Like Ten Men, Nine Dead And One Dying',
titolo e testo da commedia dell’assurdo che coglie nel segno. E nel finale c’è
pure tempo per una arabeggiante Heaven’s
Key e una Get Yourself Together
in puro stile da estate dell’amore del 1967. Come dire “proviamole tutte, e
qualcosa verrà fuori!” dunque. Eh sì, qualcosa effettivamente c’è. Quello che
manca è però una band in grado di dire qualcosa di veramente importante, e
forse cominciamo a essere fuori tempo massimo per diventarlo.
Nicola
Gervasini
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