giovedì 12 novembre 2015

BROTHERS KEEPER


Brothers Keeper 
Todd Meadows
[
Appaloosa/ IRD
 2015]
www.broskeeper.net
 File Under: bandism

di Nicola Gervasini (23/03/2015)

In fondo è consolante se ogni tanto in America a qualcuno viene ancora voglia di mettere in piedi una band (o una nuova Band diremmo) dedita alla più classica forma di roots-music. Le speranze di dire qualcosa di nuovo, o di scrivere nuove importanti pagine del genere, sono forse pari allo zero, ma la probabilità di poter produrre ancora della buona Americana sono molto alte, quando nei paraggi si aggira un nostro vecchio conoscente come Jono Manson. I Brothers Keeper sono un trio formato da veterani e session-men di genere come Scott Rednor (voce, chitarre), e la sezione ritmica di Michael Jude e John Michael, per quindici anni utilizzata dal celebre John Oates per le sue sortite soliste. Todd Meadows è il loro primo album, e per certi versi ricorda molto i dischi degli US Rails e di altri combo di validi cultori delle radici musicale statunitensi. 


Undici brani scritti dalla band con l'ausilio del citato Jono Manson (anche produttore) e l'armonicista John Popper dei Blues Traveler (vero sponsor-man dell'operazione), e due cover finali che servono solo a ribadire gli ovvi debiti di ispirazione, vale a dire una The Weight della Band forse anche fin troppo riverente e rispettosa, e una più interessante resa di I'll Be Your Baby Tonight di mastro Dylan. Due chicche sempre piacevoli (esiste forse un momento della nostra vita in cui potremmo non avere voglia di riascoltare The Weight, in qualunque versione essa sia?) che potevano anche rimanere relegate alle serate dal vivo, perché in fondo il disco camminava con le proprie gambe anche senza. La storia del fuggiasco per amore di Chamberlain (brano decisamente in stile primi Counting Crows), la malinconia della lontananza decantata in If Only For A While, i duelli chitarra-armonica di Days Go By (qui siamo in pieno territorio Blues Traveler), fino ad arrivare all'elegante southern-blues in stile Gregg Allman di Cold Rain (con un curioso duetto armonica - scratch da rapper nel finale). 

E ancora l'alt-country di Why Do You Fall, il bar-boogie muscolare di Nothing To Do, un brano affidato a Jono Manson anche alla voce (Bring The Man Down), a riprova del clima da suonata tra amici del disco (anche se forse, in amicizia, sarebbe stato meglio contenere i sempre un po' troppo invadenti interventi dell'armonica di Popper). Cantata collettiva finale in West Coast style con Still Missing You, e tempo ancora per una ospitata per la fisarmonica di Joel Guzman in Along The Way, prima delle cover di cui abbiamo già detto. Consigliato, ma siete avvertiti: sarà come entrare al bar e chiedere "il solito grazie" ed uscirne felici.

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