Benjamin
Francis Leftwich
To Carry
A Whale
(Dirty Hit.
2021)
File Under:
What's The Use Of Getting Sober
E’ ascoltando il quarto album del
cantautore britannico Benjamin Francis Leftwich che ci si rende conto
come la canzone indie-folk maturata tra gli anni novanta e duemila (diciamo di
derivazione “Nickdrakiana” per dare un riferimento storico) sia ormai un genere
a sé che si è radicato a tutti i livelli, sia quello della scena alternativa
indipendente da cui è scaturito, ma ormai anche nel mainstream internazionale.
Un bene in fondo, perché comunque il fenotipo del cantautore timido che
sussurra la sua intimità con una chitarra acustica e poco altro, è comunque
sempre in linea con le strade della tradizione che ci piace continuare a
sondare anche in questi anni di gran confusione del mondo musicale mondiale. Benjamin
Francis Leftwich viene da York, ha esordito nel 2011 in ritardo sulla la storia
del suo genere, ma abbastanza in tempo per diventare un punto di riferimento
anche molti giovani ascoltatori, a giudicare dal buon seguito registrato nelle
piattaforme streaming. Prima dell’uscita di questo To Carry a Whale, Leftwitch
aveva pubblicato online alcune cover degli Arcade Fire, Placebo, Killers e Blue
Nile, un percorso che rende chiaro come abbia le idee chiare su dove collocare
la continuità storica della sua musica, ma poi in una intervista citò Ryan
Adams come prima ispirazione contemporanea, e i conti tornano tutti. Voce
soffice ed eterea alla Bon Iver, giri di chitarra da vecchia scena folk,
tastiere ed effetti a condire, e pure qualche flauto a sottolineare la melodia:
l’apertura di Chery in Tacoma dice già tutto sull’obiettivo di album e
artista, ma è anche uno dei brani più arrangiati del disco dal produttore Eg
White (Adele, Florence & The Machine), perché già Oh My God Please
riduce tutto ad un gioco tra le voci e la chitarra. Quello che rende
particolare la proposta è comunque il suo modo di cantare inesorabilmente “british”,
che a volte ricorda quello di Ian McNabb (ad esempio in Canary in a
Coalmine, brano che racconta anche della sua uscita dall’alcolismo, tanto
che il disco viene presentato come il suo primo ad essere stato registrato da
sobrio). Rispetto ai dischi precedenti come Gratitude del 2019 o After
The Rain del 2016 c’è molto meno uso di elettronica e tastiere, anche se Tired
in Niagara o Everytime I see a Bird non si negano un crescendo
finto-orchestrale e Wide Eyed Wandering Child si poggia su una non invadente
drum-machine. Il disco si adagia pian piano nel suo involuto folk, con poche
variazioni sul tema (in Slipping Through My Fingers appare un piano alla
Pink Moon) e tanto evidente amore per autori come Jose Gonzalez, fino al veloce
folk-pop finale di Full Full Colour che chiude in maniera più spensierata
un album comunque cupo e decisamente intimista. To Carry A Whale
è un capitolo molto personale di Leftwitch che forse non gli porterà grandi
nuovi onori (il suo esordio Last Smoke Before the Snowstorm ricevette
molte attenzioni nel 2011), ma resta una nuova valida testimonianza di come non
serva essere per forza originali e
innovativi quando si hanno delle buone canzoni.
Nicola Gervasini
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