Gruff Rhys
Seeking
New Gods
(Rough
Trade, 2021)
File Under: Under the Volcano
Il Monte Paektu (spesso chiamato
anche Baitou) è un vulcano che si trova al confine tra Corea del Nord e Cina. È
considerato sacro, se non proprio una divinità lui stesso, dalla popolazione
coreana, in quanto è una montagna viva che ancora cresce circa 3 cm all’anno.
Il lago che si trova oggi nel cratere, chiamato Lago Paradiso, è nato nel 1597
a seguito di una eruzione particolarmente violenta, e tutto fa pensare che
anche in futuro la montagna muterà la propria morfologia. No, tranquilli, non
ci siamo trasformati nel National Geographic, ma semplicemente vi stiamo
parlando del protagonista principale di un concept-album che solo una mente fervida
e innamorata di storie da raccontare come Gruff Rhys poteva affrontare.
Il leader dei gallesi Super Furry Animals, istituzione del brit-pop degli anni
90, da tempo ormai sembra esprimersi al meglio nelle sue sortite soliste, e già
sulle nostre pagine avevamo segnalato il bellissimo Candylion del 2007,
probabilmente uno dei più bei omaggi al brit-folk classico degli anni 2000, da mettere
in bacheca vicino ai dischi di James Yorkston e degli Espers. Ma Rhys ha
dimostrato poi che anche la sua ispirazione ama pescare un po’ ovunque, e così
questo Seeking New Gods racconta di tutti i significati esoterici che il
vulcano coreano porta con sé, e che tanto lo hanno impressionato, attraverso
uno straordinario viaggio che mischia pop psichedelico, folk e tanto altro.
Immaginate un incontro in studio di registrazione tra Ben Watt e John Grant per
dire, con strani intrecci che già nel primo brano Mausoleum Of My Former
Self portano a sentire interventi di elettronica che duellano con una
sezione fiati quasi tex-mex (opera del trombettista Gavin Fitzjohn) su un
classico mid-tempo folk-rock alla Richard Thompson. Altrove leggerezze soft-pop
come Can’t Carry On (con il gran lavoro alle voci di Mirain Haf Roberts e
Lisa Jên) o una Holiest Of The Holy Men che sa di Blur al 100% diventano
così un nuovo ingrediente da aggiungere all’evidente amore per il cantautorato (non
solo britannico) degli anni Settanta, evidenziato da brani come Seeking New
Gods o Hiking In Lightning. La band che lo segue è la stessa che usa
da qualche anno anche nei tour, con il batterista Kilph Scurlock e il bassista
Stephen Black ormai consolidati partners, e il pianista Osian
Gwynedd che si divide con lui anche l’incombenza di spargere quelle che chiamano
“cosmic synths” un po’ ovunque. Produzione di gruppo quindi, perfezionata
tecnicamente dal missaggio di Mario Caldato, il “Mario C” delle produzioni dei Beastie
Boys. Il disco, sebbene non sia per nulla leggero nelle liriche e nei
significati, anche molto personali, nascosti dietro alla lunga storia del
vulcano, si ascolta anche con immediato piacere, e solo nel finale arrivano i
brani più lenti e complessi come Everlasting Joy e Distant Snowy
Peaks. Probabilmente se Harry Nilsson fosse ancora vivo e lucido, avrebbe potuto
fare un disco così.
Nicola Gervasini
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