venerdì 22 ottobre 2021

JAMES YORKSTON

 

James Yorkston and the Second Hand Orchestra – The Wide, Wide River

Domino, 2021

Ci si potrebbe anche chiedere come mai, dei tanti autori della folk music britannica, solo James Yorkston ottiene sempre così tante attenzioni e riconoscimenti anche da stampa e pubblico innamorati dell’indie-folk moderno. In fondo lui è uno scozzese che, pur non essendo ancora cinquantenne, potrebbe tranquillamente essere artisticamente un coetaneo di Michael Chapman o di uno Steve Tilston, per citare due vecchi leoni della chitarra acustica ancora pienamente attivi, e di certo la sua musica non è figlia di questi anni duemila. Eppure, fin dall’esordio Moving Up Country del 2002, Yorkston ha sempre trovato la perfetta sintesi tra il non suonare completamente sorpassato e il non mollare di un centimetro l’amore per la tradizione e per una musica fatta di strumenti acustici e soffici melodie. Non fa eccezione The Wide, Wide River, disco anche più facile all’ascolto rispetto ad altre sue uscite più recenti, e che potrebbe anche ripetere l’exploit di suoi titoli come Just Beyond the River del 2004 e When the Haar Rolls Indel 2008, che entrarono addirittura nella Billboard inglese. L’iniziale Ella Mary Leather, nei suoi poco più di tre minuti, sembra infatti rispondere perfettamente alle attuali esigenze di immediatezza e brevità (quasi un folk-pop potremmo dire), ed’ è sapientemente piazzata all’inizio per mettere subito chiunque a proprio agio. Ma Yorkston anche questa volta concede senza però rinunciare a nulla, per cui subito dopo ecco arrivare la lunga e intensa To Soothe Her Wee Bit Sorrows, che è uno di quei brani giocati sul dialogo chitarra e violino che suona familiare solo a chi davvero mastica brit-folk da tempo.  Ma è evidente che il disco nel suo proseguo cerchi un ponte tra tradizione britannica e una indole cantautoriale, e se Choices, Like Wild Rivers ci va vicino a trovarla, la splendida Struggle, una ballata che potrebbe appartenere al Josh Ritter più ispirato, ci riesce in pieno, e rappresenta l’highlight dell’album con la tesa cavalcata di There is No Upside che la segue. Un esempio ancora più chiaro è A Very Old-Fashioned Blues, brano che se vi dicessero che è una outtake di Bonnie Prince Billy, ci credereste pure. Il disco esce cointestato con la Second Hand Orchestra, collettivo di musicisti svedesi capitanato da Karl-Jonas Winqvist (artista con cui Yorkston aveva già collaborato in passato), e in cui militano nomi importanti della scena come Peter Morén, Cecilia Österholm e Emma Nordenstam,. Il disco ha infatti un piglio da jam session quasi, con Yorkston che lascia spazio a tutti, e dimostra quanto sappia comunque fare la differenza anche in gruppo con brani azzeccati come A Droplet Forms o We Test The Beams. L’autunno è passato, ma dei dischi autunnali di Yorkston c’è sempre bisogno.

VOTO: 8

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