Aprile 2009
Buscadero
VOTO: 7
Non si può non innamorarsi di un personaggio come Miranda Lee Richards. E’ indubbiamente bella, di una bellezza eterea e intoccabile, è dotata di una splendida soave voce che ricorda molto quella di Hope Sandoval dei Mazzy Star (da lei stessa spesso citati) o ancora di più di Karen Peris degli Innocence Mission, ed è pure figlia di tutta una scena di ex hippie incalliti di San Francisco, prima ancora che di due famosi disegnatori di comic books allievi di Robert Crumb. Il mistero che regna dietro l’impenetrabile sguardo della ragazza è alimentato dalla sua storia, che la vide esordire nel 2001 con un album (Herethereafter) che era piaciuto a tutti per quella voglia della New York alternativa dei Velvet Underground, le aperte tentazioni per la scena alternativa indipendente, e un amore per la canzone femminile classica alla Laura Nyro. E ovviamente non dimentichiamo le sue relazioni amorose, quelle che piacciono ai gossippari rock, la più nota delle quali resta quella con il Metallica Kirk Hammett, oppure le notizie che la vedono abitare per qualche tempo in una tenda come i veri hippie di una volta, e tante altre belle cose che alimentano le biografie. Otto lunghi anni sono passati prima di poter ascoltare questo Light Of X, secondo disco arrivato quando della ragazza ci si era anche un po’ dimenticati, otto anni in cui Miranda ha maturato maggior gusto per la melodia e ha perso un po’ per strada la voglia di cultura underground che permeava il suo primo disco. E allora ecco un disco tenue, soffice, permeato dalle sue tastiere (piano, organo, sintetizzatori) e dalla sua voce gentile, con canzoni semplici e confezionate con lo stesso gusto folk-pop della Edie Brickell che fu, come Breathless o l’ottima Early November, melodia di quelle che ti si stampano nella calotta cranica al primo ascolto. E allora via ad una serie di testi sofferti ma con freddo distacco, pieni di quella poca voglia di raccontare storie e grande necessità di esprimere emozioni del più classico songwriting femminile alla Joni Mitchell (Pictures Of You, Mirror At The End), e via a canzoni azzeccate per suoni e melodia (Savorin’ Your Smile tra le migliori del lotto) e alcuni momenti fin troppo sognanti e impalpabili (Lifeboat ad esempio, o una That Baby che abusa di archi e facili pianti per i bambini in guerra). Anche se la maturità l’ha trasformata in una saggia chanteuse per cuori feriti dagli anni, la Richards che frequentava il jet set culturale di Frisco esiste ancora, la si sente nella tesa e oscura Here By The Window, con le sue belle elettriche anni 70, nei simbolismi letterari di Olive Tree, o anche nella ghost-track (che qui coincide anche con la title-track), un recital alla Patti Smith ammantato con un organo da bassifondi, che chiude in maniera del tutto fuori tema (ma forse per questo ancor più affascinante) il disco. Probabilmente la sua voce non le permette di alzare troppo i toni e trovare troppe variazioni stilistiche, e questo rende Light Of X leggermente piatto e forse fin troppo prolisso (si sfiora l’ora di durata), ma quando nel finale duetta solo con il suo piano e gli archi come nella splendida Last Days Of Summer non ci si pente di qualche sbadiglio dimenticato sul percorso. Produce bene e senza troppi colpi di testa Rick Parker, meno geniale del Jon Brion (Rufus Wainwright , Aimee Mann) che animò il primo disco, ma decisamente più misurato ed essenziale. Difficile che vi faccia perdere completamente la testa, ma Light Of X sarà comunque in grado di rapire i vostri sensi quel che basta per renderlo indispensabile. (Nicola Gervasini)
sabato 18 aprile 2009
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