giovedì 25 giugno 2009

WILLEM MAKER - New Moon hand


11/05/2009
Rootshighway
VOTO: 7,5
Specializzata in cause perse, scovate nella periferia del profondo sud, la Fat Possum quest'anno estrae dal proprio cilindro magico il nome di Willem Maker, e ancora una volta sorprende tutti nel portare alla luce talenti fuori dagli schemi. Il ragazzo in questione viene dall'Alabama, ed ha al suo attivo un embrionale album auto-prodotto (Stars Fell On) e tante idee da modellare in un lavoro più compiuto. New Moon Hand è il suo personale e ben riuscito omaggio al blues sudista, genere che Maker amplifica, indurisce e destruttura con grande maestria e originalità. Il riferimento più evidente, oltre al compagno di scuderia R.L.Burnside (c'è il figlio Cedric tra i musicisti coinvolti), potrebbe essere il William Elliott Whitmore più arrangiato sentito di recente, ma Maker porta il livello del volume ancora più in là, creando spesso un muro del suono che ha i sapori quasi dei White Stripes o dei Black Keys. Sarebbe invece interessante approfondire in analisi a parte questa nuova vena mistica che sta prendendo piede nella provincia americana, chiedendoci magari come mai il linguaggio da predicatore, adottato anche da Maker, stia riscuotendo così tanti giovani adepti. La sua vena religiosa è infatti la stessa sentita anche in molti prodotti di ultima generazione rootsy, come ad esempio quelli di Tom Feldmann e i suoi Get-Rites, ma lui esalta le proprie esortazioni alla redenzione dell'anima con quel suo vocione cavernoso e minaccioso, perso in un mare di slide-guitars sputate fuori dai fanghi del delta e rozzi riff da hard-blues d'altri tempi. Rispetto alla media, Maker sembra però avere un passo in più in termini di scrittura: se ad esempio Rain On A Shinin o White Ladye sono semplici strutture blues tarate sulle sue corde, le sofferte Hex Blues e Saints Weep Wine svelano un autore sopraffino, con il sangue infarcito di cantautorato texano di vecchia scuola. E la voglia di gettare ponti sugli stili non finisce qui: The Greatest Hit sa di alt-country anni 90, New Moon Hand presenta un lonesome hobo da strada intento a soffrire sulla propria sgangherata chitarra acustica, mentre Old Pirate's Song è un roccioso heartland-rock. Musicalmente il disco mostra già una grande maturità, ma in studio come backing-band girano nomi rodati e altisonanti come i Lambchop e i Silver Jews, e nella schiera di musicisti in session ritroviamo anche vecchi marpioni come Jim Dickinson e l'inconfondibile sei corde di Alvin Youngblood Hart. C'è tutta la tradizione del sud dunque, ma rivista con piglio sperimentale e "progressista", il che rende New Moon Hand un album in grado di oltrepassare gli steccati di genere. Che vi ritroviate nella lunga cavalcata elettrica di Lead & Mercury, nella rauca malinconia di Rosalie o negli accordi aperti di Hard To Told (sembra Ride On dei vecchi AC/DC…), in ogni caso New Moon Hand è la nuova speranza di rinnovamento di quel suono del Mississippi che tutti amiamo incondizionatamente. (Nicola Gervasini)

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