venerdì 11 settembre 2009

KENDEL CARSON - Alright Dynamite


28/08/2009


Rootshighway


Tra i tanti esordi ad effetto del mondo della canzone country al femminile, quello di Kendel Carson di due anni fa (il sempre consigliabile Rearview Mirror Tears) è stato sicuramente uno dei più appetitosi. Lei è una bella e brava violinista che ha pure la fortuna di avere una voce deliziosa, seppur senza particolarità immediatamente riconoscibili, e che realizzò allora un bel disco pieno di canzoni che stuzzicavano non poco l'immaginario mitico/erotico da strada (basta ricordare il fortunato singolo I Like Trucks, sorta di manifesto da ragazzaccia pronta a consumare vita e amori sui bisonti della strada). Alright Dynamite arriva a distanza di due anni per monetizzare tanti complimenti, confermando lo stesso team produttivo del precedente disco, guidato dal songwriter e produttore Chip Taylor, ma già fin dal primo ascolto i dubbi e le perplessità di ieri diventano le certezze di oggi. Non che sia un brutto album, ma la formula creativa, che vuole Taylor autore di tutti i brani (solo in quattro casi la Carson interviene sui testi) e incontrastato "deus ex machina" musicale, continua a dare l'impressione che lei non sia altro che un bel giocattolino senza troppa anima nelle mani di uno scafato artigiano della canzone americana. La dimostrazione arriva anche dalla scellerata decisione di farle eseguire Mercedes Benz di Janis Joplin, che fu guarda caso l'interprete di Try (Just a Little Bit Harder), uno dei brani più famosi scritti da Taylor. La cover in questione sembra così un patetico tentativo di ricreare i bei giorni andati sfruttando la freschezza di una ventenne, con i rovinosi risultati che si possono immaginare, visto che la versione si fa apprezzare per la lettura in chiave country, ma si fa ben dimenticare per la scipita interpretazione della Carson. Inoltre, dopo una prima parte convincente in cui Taylor tira fuori dal suo cilindro alcune divertenti canzoni come Belt Buckle con i suoi fiati o emozionanti prove di songwriting come Lady K e Seven Shadows On My Golden Roses, il disco si siede anche nella sostanza, risolvendosi in troppi routinari episodi da birbanti nashvilliani più che da veri outlaws (Jesse James, Ooh That Dress, Ten Lost Men,…). Niente di male in fondo, Alright Dynamite serve probabilmente solo a confermare che in città abbiamo una nuova ragazza in grado di accendere il pubblico con i suoi bei concerti e i bollori maschili con lo sguardo conturbante furbescamente sfoggiato in copertina, ma che pare più interessata ad accontentarsi di spassarsela con "divertissement" da bar come la saltellante New Shoes o la rockeggiante Submarine, piuttosto che a diventare un nuovo punto di riferimento e crescere magari anche come autrice. La svolta futura potrebbe essere quella di dimostrare di che pasta è fatta abbandonando l'ala protettrice di Chip Taylor, che sarà pure l'uomo che ha scritto Wild Thing dei Troggs, ma appare in questo caso una presenza troppo sovrastante e non particolarmente ispirata. (Nicola Gervasini)

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