
Nicola Gervasini
Ma solo Storytone ha il grande merito di essere davvero un disco nuovo nella sua discografia. Non che non si fosse già cimentato in un duello con un orchestra (basta pensare anche solo a There's a Word e A Man Needs A Maid su Harvest), ma qui Young ha sapientemente deciso di provare tutte le possibilità stilistiche offerte dalla presenza di una big band di ben 92 elementi, e scusate se abbiamo dimenticato qualcuno nel conto. Con risultati per forza di cose alterni, sorprendenti, spiazzanti, indigesti o esaltanti a seconda del vostro gusto personale. Ma quello che è importante è che il disco è vivo, le canzoni sono quelle giuste, e per gustarne appieno la buona finitura è importante procurarsi anche le raw-versions, forti di interpretazioni curate e sentite che fanno dimenticare la fastidiosa sciatteria di A Letter Home. Il vero Storytone, quello arrangiato, offre comunque spunti di gran valore: se Plastic Flowers con il suo piano è brano già sentito (proprio in Sleeps With Angels c'erano due episodi simili), la tensione da colonna sonora da thriller-movie del singolo Who's Gonna Stand Up? funziona bene, così come il blues elettrico tutto grandi fiati di I Want To Drive My Car o il numero swing alla Frank Sinatra di Say Hello To Chicago. A voi poi scegliere se accettare i melò solo archi di Glimmer o Tumbleweed, se il fatto che Like You Used To Do riporti alla mente i tempi di This Note's For You sia un fatto positivo o meno (il disco è prodotto dallo stesso team di allora, i Volume Dealers, che poi sarebbero lui e Niko Bolas), se è opportuno che lui con la sua voce si lanci nelle melodie ardite di I'm Glad I Found You. Notate invece che quando il nostro torna alla sua tipica ballata acustica, sofferta e sussurrata, sa ancora toccare le corde giuste (When I Watch You Sleeping e All These Dreams). Siamo d'accordo dunque, non sarà il suo capolavoro, ma a quasi settant'anni suonati quest'uomo ha saputo ancora sorprendermi con un buon prodotto e non con una inutile e dannosa provocazione come A Letter Home. E, in cuor mio, ammetto che da lui non me lo aspettavo più. |
In genere si mitizza il primo album omonimo del 1970 perché registrato con la Band al gran completo e Todd Rundgren in regia, ma tutta la carriera di Winchester è stata caratterizzata da dischi eleganti e in prima linea nell'arte del buon songwriting. Gli mancava forse il tocco perfetto alla Gordon Lightfoot o la capacità di esprimere anche negli arrangiamenti i propri tormenti d'autore, e per questo la sua carriera resta abbastanza oscura, anche tra molti appassionati di genere. Nel 2009 si era rimesso in pista dopo un lungo silenzio con il discreto Love Filling Station, e A Reasonable Amount Of Trouble è il designato successore che Jesse ha fatto in tempo a registrare prima di lasciare queste lande desolate. Il titolo ironizza sulla sua malattia con una frase pronunciata da Sam Spades nel Falcone Maltese, e di fatto il disco può essere in qualche modo paragonato a The Wind di Warren Zevon, per quel senso di attaccamento alla vita che suscita l'idea di un artista che sa di star registrando il proprio canto del cigno. Corredato da una accorata presentazione di Jimmy Buffett, organizzatore anche del recente tribute-album in suo onore, l'album non si discosta molto dalla classica ricetta di Winchester, con brani in stile Band come She Makes It Easy Now e ballate soffici come Neither Here Nor There o Ghosts (ma quante pop-singer potrebbero cavarci una hit da questa melodia?), evidenziando però una coraggiosa allegria in scanzonate swing/soul-pop songs alla Burt Bacharach come l'iniziale All That We Have Is Now, Whispering Bells o Rhythm Of The Rain. Non potevano mancare puntate a quel gospel-country (A Little Louisiana) di cui è sempre stato maestro (e Lyle Lovett il suo più evidente discepolo), omaggi alla sua amata New Orleans (Never Forget To Boogie), lenti da festa scolastica degli anni 60 alla Aaron Neville (Devil Or Angel), e via così, fino alla fine, con episodi alla Gordon lightfoot (Don't Be Shy) e momenti riflessivi (Every Day I Get The Blues e Just So Much). Non ci ha lasciati con il suo capolavoro, ma con un buon modo per riscoprirlo sì. |
Si parte con una decisamente roots Give My Love To London, nelle intenzioni del suo autore Steve Earle un atto d'amore per una città che lo ha ormai adottato, nella versione della Faithfull una dedica ai tanti amici sparsi in città e al loro tenace attaccamento alla vita. Si continua con una drammatica Sparrows Will Sings di Roger Waters, evocativa descrizione di disordini giovanili londinesi in puro stile dell'ex Pink Floyd, probabilmente il brano più vicino allo stile della Faithfull era Broken English. Collaboratore fisso del disco è Ed Harcourt, che scrive anche la baldanzosa True Lies e sparge pepe ad una melodrammatica Mother Wolf, mentre l'intesa con Anna Calviproduce uno dei momenti più riusciti dell'album in Falling Back, ma anche una non convincente riscrittura del classico degli Everly Brothers The Price Of Love, versione che si limita a rallentare quella ben più riuscita e famosa di Bryan Ferry, senza però trovare una nuova anima al brano. Gli arrangiamenti voluti dai produttori Dimitri Tikovoi (solitamente collaboratore di Ed Harcourt e dei Placebo) e Rob Ellis (PJ Harvey) sono spesso maestosi e altisonanti, con una leggera tendenza alla sovrapproduzione che sembra però essere marchio voluto del disco (ascoltate ad esempio la Late Victorian Holocaust di Nick Cave), anche se Tom McRae prima, con l'acustica Love More Or Less, e ancora Nick Cave con la piano-song Deep Water, offrono momenti scarni e riflessivi. Bella la versione di Going Home di Leonard Cohen (qui non si è azzardata a variare il testo), che vede tra l'altro l'intervento vocale di Brian Eno, e tutti a casa con lo standard I Get Along Without You Very Well di Hoagy Carmichael. Disco di eccezionale intensità e forse fin troppo pieno di idee e contenuti, Give My Love To London mantiene il buon nome della Faithfull nella serie A del rock. Ci ha messo anni ad entrarci, ma ora non ne esce davvero più. |
Bob Mosley Bob Mosley (Waner Bros/Reprise 1972/2024) File Under: Soul Frisco E’ il 1972, il country-rock sta esplodendo come g...