lunedì 23 marzo 2015

COVES

COVES
SOFT FRIDAY
Nettwerk
***1/2


Quando si maneggia un disco di esordio pare sempre quasi un obbligo fare nomi e riferimenti, inquadrare il gruppo in un movimento rock e fare tanti auguri per il futuro. Nel caso dei londinesi Coves poi la tentazione è forte, perché poi la voce della singer Beck Wood non può non ricordare quella di Hope Sandoval dei Mazzy Star, perché il polistrumentista John Ridgard, che con lei completa il duo, non può non essere uno che passato l’adolescenza consumando i dischi dei Velvet Underground (anche se lui ama citare i Jesus & Mary Chain). Però alla fine quello che esce da questo Soft Friday è qualcosa di unico, sebbene assemblato con i pezzi di ricambio di tutta la storia del rock. Ce n’è per tutti qui: suoni roots (Honeybee), suoni new wave anni ottanta (Last Desire), suoni indie-rock (Let The Sun Go), persino un quasi- riff-rock con l’ottima Cast A Shadow. Su tutto però giganteggia la voce lenta e eterea della Wood, ancora lontana forse dalla magia della Sandoval, ma decisamente a suo agio anche quando ritmi e suoni si alzano, come nella finale Wake Up, brano che chiude in crescendo un disco breve (39 minuti) ma alquanto vario ed elaborato. E se la Wood non offre poi troppe variazioni sul tema come vocalist, ci pensa John Ridgard a divertirsi con ogni tipo di strumento, dai sintetizzatori all’armonica passando per chitarre, drum-machines, loop e chi più ne ha, ne metta. Forse ancora malati di quella voglia di stupire al prime colpo e comunque vagamente inquadrabili nel movimento di revival di certi suoni degli eighties, i Coves rinfrescano una tradizione dark (provate anche a leggere i testi decisamente nichilisti di alcuni brani) aggiornandola con quanto è successo negli anni 2000 e forse anche con qualche idea nuova. Non siamo ancora dalle parti del disco importante, ma potremmo anche scommettere che di un musicista intelligente e a tutto tondo come John Ridgard sentiremo ancora parlare, magari anche come produttore.

Nicola Gervasini


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