COVES
SOFT
FRIDAY
Nettwerk
***1/2
Quando si maneggia un disco di esordio pare
sempre quasi un obbligo fare nomi e riferimenti, inquadrare il gruppo in un
movimento rock e fare tanti auguri per il futuro. Nel caso dei londinesi Coves poi
la tentazione è forte, perché poi la voce della singer Beck Wood non può non
ricordare quella di Hope Sandoval dei Mazzy Star, perché il polistrumentista John
Ridgard, che con lei completa il duo, non può non essere uno che passato
l’adolescenza consumando i dischi dei Velvet Underground (anche se lui ama
citare i Jesus & Mary Chain). Però alla fine quello che esce da questo Soft Friday è qualcosa di unico, sebbene
assemblato con i pezzi di ricambio di tutta la storia del rock. Ce n’è per
tutti qui: suoni roots (Honeybee),
suoni new wave anni ottanta (Last Desire),
suoni indie-rock (Let The Sun Go),
persino un quasi- riff-rock con l’ottima Cast
A Shadow. Su tutto però giganteggia la voce lenta e eterea della Wood,
ancora lontana forse dalla magia della Sandoval, ma decisamente a suo agio
anche quando ritmi e suoni si alzano, come nella finale Wake Up, brano che chiude in crescendo un disco breve (39 minuti)
ma alquanto vario ed elaborato. E se la Wood non offre poi troppe variazioni
sul tema come vocalist, ci pensa John Ridgard a divertirsi con ogni tipo di
strumento, dai sintetizzatori all’armonica passando per chitarre,
drum-machines, loop e chi più ne ha, ne metta. Forse ancora malati di quella
voglia di stupire al prime colpo e comunque vagamente inquadrabili nel
movimento di revival di certi suoni degli eighties, i Coves rinfrescano una
tradizione dark (provate anche a leggere i testi decisamente nichilisti di
alcuni brani) aggiornandola con quanto è successo negli anni 2000 e forse anche
con qualche idea nuova. Non siamo ancora dalle parti del disco importante, ma
potremmo anche scommettere che di un musicista intelligente e a tutto tondo
come John Ridgard sentiremo ancora parlare, magari anche come produttore.
Nicola Gervasini
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