Se nel 2001, all’alba dei 67
anni, il notoriamente pigro Leonard
Cohen si era messo a fare dischi e concerti senza sosta, lo dobbiamo ad un
manager truffaldino che lo ha lasciato sul lastrico. Se invece i suoi ultimi
dischi stavano ormai suonando un po’ tutti uguali, lo dobbiamo all’amore per
Sharon Robinson, gran bella voce, ma anche pessima arrangiatrice. Se Popular Demons (Columbia), il quarto
disco dal suo “ritorno a Boogie Street” (inteso come show-business) dopo il
totale isolamento degli anni novanta, suona invece più vario e fresco dei suoi
predecessori, lo dobbiamo a Patrick Leonard. Sì, sarebbe il produttore della
Madonna anni 80, ma provate voi a scandalizzarvi per l’azzardato accostamento davanti
ad un simile risultato. Non che Patrick abbia stravolto poi granché rispetto al
precedente Old Ideas; semplicemente
ha reso meno piatto il tappeto sonoro su cui Leonard ama raccontare - più che
cantare - i propri versi. Se si soprassiede sulla raccapricciante copertina da
Lezione 1 del corso per principianti di Power Point, il disco sta in piedi e
pare pure moderno, contando che stiamo sempre parlando di un neo-ottantenne.
Che ha ormai una voce rotta e che tiene solo toni bassissimi, ma questo dona
ancora più fascino a brani come Almost
Like The Blues o il gospel Samson in
New Orleans. Non Amare Cohen era già impossibile anche quando produceva
dischi spenti e da fine corsa come Dear
Heather, figuriamoci quando invece torna tra noi per trovare le parole
giuste per consolarci (e consolarsi) con un brano definitivo come A Street (Ok, la festa è finita, ma io sono ancora in piedi, e starò lì in
quell’angolo dove un tempo c’era una strada). Si perdona qualche piccolo
scivolone (Did I Ever Love You), si
può anche discutere qualche arrangiamento (la techno-arabeggiante Nevermind), ma quando parole, voce e
melodia ingranano, come in Slow o My Oh My, non ci sono rivali. Dovete lasciarmi cantare l’unica canzone che
ho mai avuto chiosa lui nel finale del disco, dando la triste sensazione di
commiato dal suo pubblico. La stessa impressione che avevano dato anche i suoi
dischi precedenti, ma stavolta non cascateci: Cohen è ancora solo a metà di
quella strada.
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