mercoledì 13 maggio 2015

BELLE AND SEBASTIAN


Belle and Sebastian
Girls in Peacetime Want to Dance
[
Matador/ Self 
2015]
www.belleandsebastian.com

 File Under: Dancing in the dark

di Nicola Gervasini (10/02/2015)
Girls Just Want To Have Fun asseriva senza troppe elucubrazioni una celebre canzone del 1982 dello scomparso Robert Hazard, portata poi al successo dalla frizzante, colorata e decisamente eighties Cindy Lauper. Un concetto che pare ribadito in pieno 2015 da un titolo come Girls in Peacetime Want to Dance, ottavo album della premiata ditta Belle And Sebastian: non siamo in tempo di pace (anzi…), ma forse è tornato il tempo di ballare "senza troppe menate", come si faceva in quegli anni. E non potevano che essere i Belle And Sebastian a chiudere il cerchio su una evoluzione (o involuzione, secondo i critici e fans più delusi) dell'indie-rock, che dal soft-core di fine anni novanta di cui loro sono stati indiscussi paladini e promotori, è arrivato via via ad una riconciliazione/riscoperta/rivalutazione degli anni ottanta e della loro spensierata/esagerata/pompata joie de vivre. Eppure sull'argomento arrivano ben ultimi loro, perché saranno ormai quattro-cinque anni che sentiamo suoni anni ottanta un po' ovunque, ma anche loro si sono dovuti arrendere, all'indomani di una serie di album che non hanno risollevato le sorti dell'inevitabile declino.

Girls in Peacetime Want to Dance sta perlomeno facendo parecchio discutere, ed effettivamente, esaurita la sorpresa di scoprirli per metà album alle prese con sonorità che avreste potuto trovare in un vecchio disco di Kim Wilde o Kyle Minogue (Play For Today su tutte), li risolleva anche come forza creativa moderna. Prodotto dal mixerista pop Ben H. Allen III (dagli Animal Collective a Christina Aguilera i suoi clienti), il disco si divide in due anime: da una parte quella più soft, folk-pop e orchestrata che già si conosceva (The Cat With The Cream,Today), dall'altra una serie di dance-songs più o meno spensierate nell'anima, ma fortunatamente non nel songwriting. Quello che piace dell'esperimento, sempre che siate dell'umore di sorbivi una serie di tastiere e drum-machines che magari speravate ormai appartenere solo all'airplay di Radio Capital, è proprio che Stuart Murdoch e soci non hanno perso l'occhio sulle canzoni, valide anche sui ritmi danzerecci di The Party Line o di una Enter Sylvia Plath che richiama i Pet Shop Boys strizzando l'occhio al Mark Lanegan più recente.

La vittoria quindi è stata quella di aver dato sostanza ad un genere "leggero" come la dance, la sconfitta però, se così la possiamo definire, sta nel fatto che poi alla fine i brani che si ricordano più volentieri sono quelli in cui la band flirta con un pop adulto e per nulla easy come le iniziali Nobody's Empire e Allie o la brit-oriented The Everlasting Muse. Tra alti e bassi e gran confusione di suoni e ispirazioni diverse, Girls in Peacetime Want to Dance risulta essere il loro disco più divertente da parecchio tempo a questa parte, ma se poi sia abbastanza per rilanciarne il nome tra i top del decennio, è questione ancora tutta da discutere.

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