XAVIER RUDD & THE UNITED NATIONS
NANNA
Nettwerk
***1/2
Devoto paladino del “chi fa da sé, fa per tre”, anche Xavier Rudd si arrende e registra con
una band il suo ottavo album. Famoso per
le sue funamboliche e variopinte (e multi-strumentali) registrazioni ed
esibizioni, Rudd si presenta infatti accompagnato dagli United Nations, nome
programmatico di un combo nato a tavolino secondo un preciso schema multiculturale,
con una ratio politically correct
limitata solo dal numero di strumenti necessari. Per cui spazio ad un
australiano ma anche ad un aborigeno, ai quali si aggiungono musicisti provenienti
dal Sudafrica, da Samoa, dalla Germania e da Papua Nuova Guinea. Un bel meltin’ pot culturale per un minestrone
di cinquantaquattro minuti amalgamato da un unico elemento ritmico: il reggae.
Non è la prima volta che Rudd evidenzia un certo tono alla Bob Marley della sua
voce, ma Nanna vuole essere un (riuscito) omaggio alla world-music e non
solo al grande artista giamaicano. Ma
ovviamente è a Marley che si pensa quando si legge della decisione di far
mixare il tutto a Errol Brown,
ingegnere del suono della mitica etichetta Tuff Gong, proprio la persona che ha
lavorato negli studi di Kingston in Giamaica dove sono nati i capolavori di
Marley, Peter Tosh, Burning Spear, Third World e tanti altri. Un po’ come
intingere l’opera nell’aria giusta per ottenere uno dei dischi reggae più
freschi e avvincenti degli ultimi anni, e chissà se Sir Mick Jagger avrà
occasione di rendersi conto che era questo il disco che ci si aspettava dai
suoi fallimentari SuperHeavy. Sul contenuto siete avvertiti: se siete tra
quelli che pensano che un disco intero di Bob Marley sia noioso perché le
canzoni sembrano tutte uguali perché hanno tutte lo stesso ritmo, allora state
lontani da Nanna, se invece siete tra quelli che pensano che il genere possa
ancora dire la sua senza troppo imbastardirsi con altri generi (come ha
dimostrato anche il buon ritorno di Jimmy Cliff tre anni fa), allora date una
chance a Rudd, artista ormai scafato e in grado di reggere anche un intero
disco a tema. Certo, magari non tutto gira a meraviglia e la sensazione di già
sentito impera sempre, ma brani come la frizzantissima Hanalei , la quasi funky Come
People (che pare più guardare a Ziggy Marley piuttosto che a Bob) che si
trasforma poi in una Sacred che ha la
potenza spirituale del miglior Ben Harper. Interessante anche la title-track
con il suo crescendo, anche se la seconda parte del disco inevitabilmente
ribadisce il già detto e forse andava tagliata di almeno un paio di brani. In
ogni caso un bel “debutto” per Rudd in versione frontman, che speriamo di poter
magari gustare anche dal vivo in Italia, dove da sempre può contare su un
nutrito seguito di appassionati.
Nicola Gervasini
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