Bella Hardy
With the Dawn
[Noe Records 2015]
www.bellahardy.com
File Under: Visionary Folk
Di Nicola Garvasini (09/04/2015)
E' giunto il tempo anche per noi di conoscere Bella Hardy, giovane e promettente (se si può definire così un'artista giunta al settimo disco in nove anni di carriera) folksinger inglese. Il nome è il suo originale (Bella è solo il diminutivo di Arabella), e viene da Edale, sperduta località dispersa nel bel mezzo dell'Inghilterra, uno di quei posti che, solo a vederne le foto nel web, ti chiedi che altro può fare una ragazza in quelle lande verdi e solitarie se non suonare della folk music con la chitarra. Trentun anni, una laurea in letteratura e un master in musicologia nel curriculum, e una carriera musicale iniziata nel 2007 con l'album Night Visiting, fino ai tanti riconoscimenti avuti per la raccolta di traditionals rielaborati e riarrangiati (Battleplan) pubblicata nel 2013.
La BBC nel 2014 l'ha nominata "Artist of The Year", che qualsiasi cosa voglia dire, è nomination che prepara bene il campo all'uscita di questo With The Dawn, il disco che dovrebbe farla conoscere anche al di fuori del Regno Unito. La Hardy è figlia minore della tradizione brit-folk, ma fa tesoro nelle sue produzioni di tutta la riverniciatura al genere operata dal mondo indie-folk degli anni 2000. E lo fa in maniera sufficientemente personale, con un album basilarmente acustico, eppure parecchio arrangiato (produce Ben Seal), con largo uso di fiati e percussioni. Il disco parte con un tono classico, con brani come The Only Thing To Do o First Light Of The Morning che riportano alla mente i dischi migliori di Kate and Anna McGarrigle, mentre il maestoso e minaccioso arrangiamento di The Darkening of The Day regala forse il momento più alto della raccolta. Nella parte centrale il disco si fa più lento e sperimentale, in brani originali che strizzano l'occhio ai tradizionali di genere come Jolly Good Luck to the Girl That Loves A Soldier, brano che potremmo immaginare come il risultato di una session tra Joan Baez e gli Espers, o You Don't Have to Change (But You Have To Choose), anche questa parecchio elaborata nei suoni.
Tra voglie sperimentali (Another Whisky Song) e bisogno di tradizione (Time Wanders On), i trentasei minuti dell'album scorrono senza intoppi, sempre che ovviamente amiate il genere e ultimamente abbiate trovato interessanti nomi come Meg Baird o le Unthanks. Molto bella anche la piano-song finale (ironicamente intitolata And We Begin), anche se ancora aleggia una certa compostezza di maniera che non fa gridare al miracolo. Bella Hardy è solo una nuova talentuosa adepta di un mondo musicale che non accenna a scomparire neanche dopo decenni di vita, ma con le Unthanks già in calo di ossigeno dopo il deludente Mount The Air di quest'anno, potrebbe anche essere la nuova principessa ereditaria di un trono ormai vacante da tanto tempo.
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