Il primo album solista di Beth Gibbons: Lives Outgrown.
Parla poco, ma quando parla fa parecchio rumore Beth Gibbons. Musa indiscussa della fiorente stagione del trip-hop degli anni 90, la Gibbons ha poi centellinato le uscite sia con la sua band (solo 3 album in studio più un eccezionale live con i Portishead), che da solista (un album a due mani con l’ex Talk Talk Rustin Man che è già entrato nel novero dei cult-record, e un esperimento sinfonico con tanto di orchestra). Insomma, a quasi 60 anni di età e con più di 35 anni di carriera, Lives Outgrown (Domino) è non solo il suo primo vero album solista, ma anche il suo quinto album di inediti in studio in carriera.
Suoni e atmosfere
Detta così fa impressione, ma la sua musica fa capire quanto la fretta e l’urgenza non siano esattamente la leva che la muove , quanto la ricerca di una musica che si adatti ad una sorta di spiritualità laica. La Gibbons ha avuto circa quindici anni per scrivere le canzoni, tutte di suo pugno con qualche sporadica correzione del batterista e produttore Lee Harris (anche lui ex Talk Talk). Non ci sono grandi sorprese in quello che la Gibbons ha elaborato, semplicemente ha cementato tutto il percorso di una vita in uno stile che riesce ad unire le lezioni di Sandy Denny e dei Cocteau Twins in un’unica soluzione. Dark-folk, chamber-folk, chiamatelo pure come volete, che tanto la sostanza è tutta sua. Pur avendo una voce che potrebbe richiamare almeno una decina di altre eteree vocalist della storia della nostra musica, il timbro di Beth appare subito inconfondibile, ma l’intelligenza di questo album è stata quella di non farsela bastare, chiedendo ad un produttore ben scafato come Jim Ford (Pet Shop Boys, Blur, Artic Monkeys) di dare qualche idea in più per dare vigore al tutto.
Beth Gibbons – Lives Outgrown: un disco importante
C’era il rischio molto alto di trovarci alle prese con un lungo trip lisergico, se non proprio soporifero, ma ci ritroviamo nello stereo un album dove i suoni e gli arrangiamenti rivelano ascolto dopo ascolto, con testi che parlano della propria vita di madre e di donna matura, quasi a rispondere con una sequenza da concept album alla domanda posta dal primo brano, Tell Me Who You Are Today.
Ma brani come Lost Changes o Rewind, con la loro per nulla semplice costruzione melodica, e le orchestrazioni degne del miglior Robert Kirby di Burden of Life e di altri brani, dimostrano che la Gibbons non ha sprecato il suo tempo perché il risultato giustifica il considerarla una di prima classe. Ma anche le chitarre e le percussioni giocano ogni volta una partita diversa in Oceans o in For Sale, fino al gran finale di Whispering Love. Con Lives Outgrown Beth Gibbons pone una pietra importante nella sua parca ma sempre significativa produzione, e se anche dovremo aspettare altri quindici anni, ne varrà sicuramente la pena.
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