Paolo Zangara
Scusi dov’è il Bar?
(Snowdonia, 2024)
File Under: Sotto le stelle del Jazz
Se una sera raminga vi perdete nella nebbia del varesotto (dopo anni è tornata!), potreste incappare in un paese alle porte di un nascosta vallata piena di opere d’arte (il Monastero di Torba) e fabbriche abbandonate che si chiama Lonate Ceppino. E’ lì che da qualche anno vive, grazie ad una associazione culturale, un piccolo club notturno chiamato Black Inside, dove ogni settimana si suona ogni tipo di musica, dal metal (Varese è da sempre patria feconda per il genere) al jazz, fino a proposte più coraggiose di rock alternativo. E’ lì che l’etichetta Snowdonia ha recentemente tenuto il primo festival con i propri artisti, che hanno partecipato ad un curioso quanto riuscito disco tributo al dimenticato Rodolfo Santandrea. E tra gli invitati c’era anche lo stesso padrone di casa, Paolo Zangara, sia perché aveva contributo al cd con una sua versione di Un Delfino, sia perché proprio con la Snowdonia Paolo trova l’occasione per pubblicare il suo primo album a proprio nome, Scusi dov’è il Bar?. Frase che magari qualcuno assocerà all’urlo, così in italiano, che si sente verso la fine di Not Now John dei Pink Floyd , ma in verità un naturale pensiero di chi gira solitario di notte e cerca una boa per aggrapparsi, meglio se poi con anche con buona musica da sentire.
Zangara è musicista scafato, sulla scena fin dai primi anni 80 con un curriculum lunghissimo di band e collaborazioni che hanno abbracciato blues, drum’n’bass, musica sperimentale e rock italiano, ma mai si era cimentato in questo stile da cantautore italiano anni 60-70. Lui infatti cita Tenco e Ciampi come fari nella notte, e ovviamente Fred Buscaglione per il suono adottato. Il disco è stato ben registrato dal chitarrista Lory Muratti, con uno stuolo di musicisti legati al mondo del pop e del jazz, tutti adatti allo stile da chanssonier alla Paolo Conte o Vinicio Capossela prima maniera di queste canzoni. I sapori jazz sono dunque preponderanti grazie alla sezione fiati di Tarcisio Olgiati e Mauro Brunini, al contrabbasso da locale fumoso (ma non si può più fumare, mi raccomando, resta solo il sapore nella musica) di Francesca Morandi, e dal pianoforte di Mauro Banfi. In questo scenario si inseriscono le chitarre flamenco di Marco Talamona e la batteria di Pier Tarantino, che si mette in gran evidenza nella più sperimentale Parole.
Per il resto Zangara canta con tono basso e quasi sospirato come il genere richiede, e brani come Una Corsa o Dall’altra parte del Mare si rivelano essere più che finemente arrangiati anche grazie al gioco di voci jazz di Leila Rossi eElisabetta Girola. I testi seguono il flusso di pensieri dell’uomo che vive la notte come momento intimo, sia per ricordarsi di passati amori (Giorni e Notti), sia per vivere la propria solitudine, sofferta (Silenzi Irrequieti) o fiera (Sono Quel che Sono), il tutto ammantato da quell’amore per il jazz raccontato benissimo nel finale di Senza Meta. Consigliato agli spiriti della notte.
Nicola Gervasini
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