lunedì 19 settembre 2011

MR ISAAC ALLEN - Don't Smoke

inserito 02/08/2011

Mr. Isaac Allen
Don't Smoke
[Horizon Music Group 2011
]



"Niente di nuovo sul fronte occidentale" vien da dire al primo ascolto di questo Don't Smoke di Mr. Isaac Allen, prendendo in prestito il titolo di un famoso romanzo di Erich Maria Remarque. Siamo di fronte all'ennesimo bianco che ha visto troppe volte Casablanca e sogna di vivere attaccato al piano mentre qualche eroe cinematograficamente credibile gli dice "suonala ancora Sam", siamo al Tom Waits più jazzy di metà anni 70, ma con una voce profonda che pare più un John Lee Hooker con non ancora 80 anni di sigarette nell'ugola, o, se volete, siamo ancor più al nostrano Sergio Caputo di inizio carriera, prima che il jazz lo catturasse definitivamente. Siamo dunque dalle parti di un blues da locale fumoso, nonostante il titolo dell'album ricordi che per fumare in questi anni 2000 bisogna accomodarsi all'uscita e sfidare la fredda notte (ma ve lo immaginate Bogart che abbandona la Bergman in sala ogni 5 minuti per andare a fumare all'uscita?), siamo ancora fermi alla poetica del night-man solitario che affoga con piacere il proprio dispiacere in un bicchiere di qualsiasi cosa ("Versami un bicchiere di Vodka, anche senza ghiaccio, versalo anche in quella vecchia tazzina di caffè a buon mercato, farà male lo stesso" sono i primi versi di Meet You At The Pawnshop), musica fatta per l'auto-compiangersi di animi sensibili, ma ancora legati ad un ideale di uomo perennemente in cerca di un sé stesso che mai avrà veramente voglia di trovare.

Il signor Isaac Allen è solo l'ultimo arrivato di una lunga lista, ma per nostra fortuna non è un semplice imbonitore da platee poco pretenziose come i Jamie Cullum o i Michael Bublè che hanno gettato fumo negli occhi invece che nei pub negli scorsi anni, ma un bravo songwriter che ha studiato bene i classici, ha trovato un piano-sound molto bello che da solo riempie le casse, e soprattutto azzecca una partenza decisamente convincente con i primi quattro brani. The Devil infatti definisce subito lo stile dell'album, Get Right ne esalta il lato malinconico e subito dopo The Mouse in My Head alza ritmi e toni e mostra quanto ci si possa divertire anche nelle notti buie e tempestose, fino all'apoteosi della bellissima Daddy's On A Death Row, l'unico brano che veramente giustificherebbe le fuorvianti citazioni fornite dal suo ufficio stampa ("Come se Nick Cave incontrasse Johnny Cash" e "Townes Van Zandt con la voce di Leonard Cohen") visto che almeno il nome di Cave in questo caso viene davvero in mente.

Il disco fino a qui potrebbe essere la sorpresa dell'anno, ma evidentemente Allen ha voluto subito sparare le sue cartucce migliori, perché poi il gioco si fa ripetitivo, qualche arrangiamento deve ricorrere a suoni non perfetti (soprattutto la troppo rumorosa batteria di Vic Steffens), e il tutto si risolve in un delizioso e appagante déjà vu. Visto che è la sua opera prima, può bastare, ma si ricordi che alla fine la Bergman scappa da Bogart e dal suo Rick's Cafe.
(Nicola Gervasini)

www.mrisaacallen.com



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