Beach Boys/Brian Wilson in 10 dischi
1) Beach Boys -
The Greatest Hits – Volume 1: 20 Good Vibrations (Capitol, 1995)
Tra il 1962 e il 1965 il surf-rock dei primi Beach Boys
ragionava in termini di 45 giri, ed era la musica dei giovani americani che, ancora
ignari di quello che il Vietnam gli avrebbe riservato, se la spassavano tra
mare, surf e i primi bikini. E restano i Beach Boys più noti al grande
pubblico.
2) Beach Boys -
Pet Sounds (Capitol, 1966)
Il capolavoro in cui Brian Wilson ha insegnato al mondo come
realizzare musica lavorando in maniera maniacale sulla (sovra)produzione, sul
riempire ogni spazio, sullo studiare ogni particolare. Keith Richards lo
detesta per questo, ma non esiste musicista che non lo abbia studiato,
ammirato, e infine imitato.
3)
Beach
Boys - Smile – (Capitol, 1967, pubblicato solo nel 2011)
10 mesi di registrazioni solitarie di un Brian Wilson in
piena estasi creativa diventano il primo Lost -Record della storia. La Capitol,
nonostante il potentissimo singolo Good
Vibrations, lo rifiuta, lo fa riregistrare, e pubblica l’addomesticato Smile Smiley. Ed è già la fine dei Beach
Boys di marca Brian Wilson.
4)
Beach Boys - Sunflower (Capitol ,1970)
Quarto album di fila a non essere più prodotto dal solo
Brian Wilson, ormai destituito dal ruolo di leader a favore di una democratica condivisone
dei compiti, Sunflower mette ordine nella confusionaria produzione di fine anni
sessanta. Brian recupera qualche vecchia brillante idea, e torna grande.
5) Beach Boys -
Surf’s Up (Capitol ,1971)
Ad un titolo che sembra richiamare i loro scanzonati esordi,
fa da beffardo contraltare una oscura copertina degna di una band heavy metal.
I deliri di Wilson tornano a governare, ma intorno a lui sono intanto cresciuti
anche gli altri, per quello che è il loro capolavoro della maturità.
6) Beach Boys -
Love You (Reprise, 1977)
Il titolo originale doveva essere “Brian Loves you”, ma ancore
una volta la band si appropria di un progetto solista dell’insicuro Brian.
Disco delirante, visionario, con pesanti sperimentazioni elettroniche che quasi
anticipano la new wave. Wilson evidentemente non voleva morire cantando
canzonette, ma il disco fu un flop.
7) Brian Wilson
– Brian Wilson (Reprise,1988)
Il primo vero album solista arriva solo nel 1988, con
orrenda copertina adatta ai tempi, e addirittura il proprio terapista tra i
contributori in sede di scrittura. Troppi produttori, troppi session men,
troppa attesa, eppure resta il più completo catalogo della sua idea di pop.
8) Brian Wilson
- Brian Wilson Presents Smile (Nonsuch, 2004)
37 anni dopo Smile, Brian decide di riappropriarsi della
propria opera perduta, riregistrandola con lo stesso stretto collaboratore di
un tempo (Van Dyke Parks). Scommessa vinta: il disco suona moderno anche nella
sua nuova veste, la nostalgia sta all’angolo, il genio finalmente si esprime.
9) Brian Wilson
– That Lucky Old Sun (Capitol, 2008)
Quando forse nessuno ci sperava più, e prima di capitalizzare
il suo buon nome mettendosi al servizio della Walt Disney, Brian realizza il
suo progetto solista più riuscito e più vicino a quell’idea di pop da larghe
intese che tenta di realizzare da decenni. E non è mai troppo tardi.
10) Beach Boys -
That's Why God Made the Radio (Capitol,2012)
Brian produce e in qualche modo scrive una riconciliatoria
tarda opera in cui sembra arrendersi all’idea di essere comunque un membro di
una band. Praticamente i Beach Boys che imitano i Beach Boys, ma essendo una
rimpatriata fatta per sostenere un nostalgico tour, poteva anche andare peggio.