mercoledì 28 gennaio 2015

BARZIN

BARZIN
TO LIVE ALONE IN THAT LONG SUMMER
Ghost Record
***1/2
Ci ha messo ben cinque anni Barzin a dare un seguito all’acclamato Notes to an Absent Lover, ma il ragazzo fin dagli esordi non è mai stato uno che ha fretta (quattro album in dodici anni non sono un gran bottino). In  più i suoi dischi sono sempre brevi ed essenziali, e non sfugge alla regola nemmeno questo atteso To Live Alone in That Long Summer, titolo quanto mai esplicativo dello stato d’animo che ha dato vita a questi nove nuovi piccoli bozzetti. Il primo impatto in verità potrebbe anche essere deludente: cinque anni di tempo per trentadue minuti di musica, che oltretutto non aggiungono nulla di nuovo a quanto già detto con i due album precedenti, non fanno certo gridare al miracolo, ma il canadese Barzin pretende dal proprio pubblico la stessa non-fretta che ci mette lui a confezionare dischi. Per cui prendetevi tempo, trovate il giusto momento, lasciate che queste canzoni vi entrino pian piano nelle vene. Perché fin dal singolo All The While la musica di Barzin è una bomba a scoppio ritardato, perché gli elementi che la riempiono (ad esempio, in questo caso, il violino) appaiono timidamente, e non sempre al primo ascolto. Il mood triste e autunnale della sua musica resta il marchio di fabbrica, e il tema della luce (o della sua assenza) come metafora dell’umore umano affiora prepotente in tanti brani (Without Your Light, In The Dark You Will Love This Place). Nonostante la produzione sia stata lunga e (pare) anche costosa, e nonostante anche i tanti ospiti del mondo indie coinvolti nel progetto (Tamara Lindeman dei Weather Station, Daniela  Gesundhet degli Snowblind e Sandro Perri e Tony Dekker dei Great Lake Swimmers), il disco conserva il taglio lo-fi delle sue produzioni precedenti, anche se il maggiore lavoro sui suoni appare subito evidente. Ma al di là delle considerazioni sulla produzione, dietro c’è un autore che resta uno dei più interessanti della scena, capace di grandi prove di scrittura come Stealing Beauty e bravo a dosare momenti drammatici (Fake It Til You Make It con il suo bel piano) e romantici (It’s Hard To Love Blindly). Non ci sono punti deboli, quanto semmai si potrebbe lamentare una certa ripetitività di soluzioni, normalmente basate su un ipnotico arpeggio che fa da base ad una lenta melodia e ad uno strumento sempre diverso a fare da contraltare (ad esempio uno xilofono in We are Made for All of This). Sono tutte canzoni che raccontano le sensazioni di un momento (Lazy Summer, In The Morning) e non di storie di uomini, per cui necessitano un ascolto insolito. La certezza è che To Live Alone in That Long Summer sia un disco che avrete voglia di riascoltare anche fra molti anni, perché non smetterai mai di dire ogni volta qualcosa in più che non avevate colto la volta precedente. Come solo i bei dischi sanno fare.

Nicola Gervasini

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