Partendo magari da Endless Love, quinto album della sua carriera solista che fa tesoro di mille influenze antiche e moderne. Intanto quello che impressiona parecchio è la pienezza del suono (produce Ulf Rockis Ivarsson, già produttore di Nicolai Dunger): ascoltate la gospel-like Handsome Savior e riassaporate un muro di suono fatto di cori, organi hammond e chitarre decisamente anni 90 che si intuisce nato non pensando ad una riproduzione su pc o smartphone, ma su uno stereo come si comanda. E poi c'è la qualità dei brani: sia che si tocchino le corde tragiche di un certo indie scandinavo (Inner Vision) o che si viaggi anche su corde più mainstream (la title track potrebbe essere un brano dei Live più ispirati di metà anni novanta), Hoyem fa sentire tutta la sua esperienza ventennale sia nella penna che nella costruzione di melodie in grado di prendere al primo colpo. Niente ritornelli facili comunque, ma tanti brani di forte impatto emotivo: Hoyem non si inventa nulla ma riutilizza tutto l'ABC del rock anni novanta alla perfezione, sia quando usa un tocco leggero (l'acustica Free As A Bird/Chained To The Sky), sia quando va sul melodrammatico (Little Angel) o quando lascia le chitarre a briglia sciolta nella murder ballad Wat Tyler (che pare un brano dei Willard Grant Conspiracy). Endless Love è quindi un piccolo trattato su dove è andata la musica indipendente negli ultimi vent'anni, compreso una splendida e tesissima Gorlitzer Park che nei toni potrebbe tranquillamente appartenere a Bill Callahan. Disco dedicato alla leggenda della musica norvegese Eirik Johansen, scomparso pochi mesi fa, Endless Love pur essendo nato tra Oslo e Stoccolma con artisti locali, ha un respiro internazionale decisamente forte che è giusto non perdere di vista. |
lunedì 12 gennaio 2015
HOYEM
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