Blair Dunlop
House oF Jack
(2014, Rooksmere
Records)
File Under:
songwriters d’Albione
Due sono i
dati interessanti da dire presentando il secondo album del ventiduenne
britannico Blair Dunlop: il primo è
che si tratta di un figlio d’arte (suo padre è
Ashley Hutchings, monumento del brit-folk con i Fairport Convention e l’Albion
Band), mentre il secondo è che, prima di darsi alla musica, il ragazzo ha avuto
una precoce carriera d’attore che lo ha visto interpretare il Willy Wonka da
bambino nella Fabbrica di Cioccolato di Tim Burton, oltra ad altre interpretazioni.
Esaurite le curiosità, veniamo a House of Jack, disco che arriva dopo
l’acclamato esordio Blight and
Blossom (vincitore dei Folk Awards della BBC lo scorso anno), album che
nelle intenzioni vuol gettare lo stesso ponte tra folk inglese e musica americana
dei dischi di Richard Thompson, riuscendoci
però solo in parte. Sicuramente è giusto il mix di melodie tradizionali
e suoni da locanda persa nel Texas di un brano come Something’s Gonna Give Way o episodi di puro american-songwriting
come 45s (c.'69) e la ancora più
yankee canzone sorella 45s (c.'14),
ma al ragazzo manca ancora personalità nella voce, e lo si percepisce
chiaramente non appena i ritmi si abbassano e si passa a ballate che
necessiterebbero ben altra potenza interpretativa come Fifty Shades of Blue o la title-track. Va comunque notata una The Ballad of Enzo Laviano, dedicata al
Conte Vincenzo Valentino, personaggio politico italiano (e scrittore)
dell’ottocento e la deliziosa Viola’s Reverie.
Ma sono ancora troppi i brani non lasciano il segno, come Chain By Design o The Station,
e in generale manca il guizzo vincente. Comunque da tenere d’occhio.
Nicola
Gervasini
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