lunedì 26 gennaio 2015

NICOLE ATKINS

NICOLE ATKINS
SLOW PHASER
Oh Mercy!
***
Personaggio davvero interessante e poco conosciuto da noi Nicole Atkins (qualcuno la ricorderà a seguito degli EELS in un tour dello scorso anno), cantautrice del New Jersey tra le più amate sia dal mondo della roots-music da cui proviene, che da quello più indie-oriented, che ne ha sempre apprezzato le sue stravaganze sparse qua e là nei due dischi precedenti (Neptune City del 2007 e Mondo Amore del 2011). Slow Phaser è il suo terzo album, e fin dal primo ascolto mostra una decisa svolta verso suoni più moderni, potremmo anche dire radiofonici (nel senso buono del termine). Who Killed The Moonlight? ad esempio unisce ritmo, suoni moderni (qualche inserto di elettronica) ad una struttura decisamente rock che lo rende un potenziale singolo buono per tutti i palati, così come il divertente up-tempo al limite della disco-music di Girl You Look Amazing. L’abbandono delle atmosfere più rootsy di Mondo Amore è sancito anche dal ritorno in cabina regia del produttore del suo esordio Tore Johansson, più avvezzo ai toni pop (la sua mano si sente pesante nelle soluzioni barocche di Cool People). Qualche scivolone nell’easy-listening c’è (We Wait Too Long esagera con i coretti), e forse l’uso improprio dell’elettronica rovina un bel brano come What Do You Know?, ma nell’insieme il disco è piacevole e frizzante, e nella seconda parte dell’album la Atkins non rinnega comunque le sue radici (Gasoline Bride è di base una bella ballata folk), magari mischiandole sapientemente con altri elementi, come il suadente giro da musica balcanica di Red Ropes o lo strano ma convincente numero corale di It’s Only Chemistry (un brano che piacerebbe molto a Bjork). Poi in The Worst Hanghover si ritraveste da cantautrice classica con un numero di matrice gospel-blues che sfocia nell’irriverente e sboccato spiritual di Sin Song. Chiude l’album la dolce riflessione di Above As Below, lasciando il gusto amaro di aver assistito ad un campionario di tante, forse troppe idee senza un vero filo logico. Sarà forse la sua incostanza la vera origine del suo innegabile fascino?

Nicola Gervasini

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