Ryan
Adams
Heatwave
Sword
& Stone
1985
Star
Sign
Prisoner
(Live)
2024, Ryan Adams
Quest’anno Ryan Adams compirà 50 anni, età ormai da veterano nel mondo rock, ma che, visto l’andazzo odierno per cui gli ottantenni bazzicano ancora i palchi con immutata verve, vuol dire che potremmo anche ipotizzare più di trent’anni di carriera ancora da consumare per questo artista di Jacksonville. Altro discorso è immaginarsi come li spenderà, perché la sua attuale condizione lo vede da una parte relegato ad un esilio dal grande giro per note cause che non hanno a che fare con la sua musica, dall’altra, dopo un autoimposto stop tra il 2017 e il 2020, il nostro si sta ostinando non solo a fare più concerti che può (con fatica, ma qualche tour senza troppe polemiche a contorno riesce ancora imbastirlo), ma a pubblicare tutto ciò che registra nel suo sofferto esilio. E così, come regalo di inizio 2024, eccolo licenziare online ben 5 album contemporaneamente, con un effetto immaginabile di stanchezza anche nei fans più fedeli per una produzione che già si concedeva qualche episodio di troppo ai tempi d’oro quando aveva una etichetta che lo seguiva, figuriamoci oggi che agisce da battitore libero. Ed ecco quindi la follia di ben 17 pubblicazioni dalla fine del 2020 ad oggi.
Peccato, soprattutto perché si rischia di far passare sotto silenzio il fatto che album come Wednesdays o il nuovissimo Star Sign continuano a dare i frutti sperati, grazie al suo inconfondibile stile a metà tra cantautorato country-roots e brit-pop smithsiano, e soprattutto perché lui resta una penna davvero felice quando butta fuori tutta la sua rabbia e la sua frustrazione. E quindi il consiglio, se non siete dei completisti, e di dirigersi subito su Star Sign, disco non sensazionale, ma degno di essere il nuovo capitolo di una bella carriera. Al massimo, se proprio ne avete ancora voglia, la seconda scelta è Heatwave, album in cui Adams alza il volume delle chitarre elettriche consegnando anche qualche brano più che godibile, senza però impressionare troppo. Se siete invece tra quelli che difesero le piccole tonalità di punk-rock di Rock and Roll del 2003, potete scegliere tra l’estremo 1985 (29 canzoni di puro rauco garage-rock alla Hüsker Dü o Bad Religion della durata media di un minuto), o il più indeciso Sword & Stone, forse il meno interessante del lotto proprio perché si ferma in mezzo al guado tra un rock classico e un punkettino da adolescenti con rabbia e brufoli da combattere. Se poi ancora volete ricordarvi quanto Adams resti un grande performer, passate pure a Prisoner (Live), disco forse non necessario a questo punto, ma sicuramente non indegno del suo buon nome.
Non ci chiediamo più dei perché quando si tratta di Ryan Adams, prendetelo così perché il “ragazzo” (50 anni si, ma il look resta quello dei vent’anni) sembra che non abbia nessuna intenzione di mollare, e noi che lo seguiamo siamo costretti a tenere duro perché fra trent’anni, quando la mole della sua discografia farà invidia anche a quella di Frank Zappa,ci vorrà molto di più di una bussola o di una guida per aggirarsi nel suo mondo. Che resta sempre comunque pregno di grandi emozioni quando la canzone e il sound sono quelli giusti.
VOTI
Heatwave 6,5
Sword &
Stone 5
1985 5,5
Star
Sign 7
Prisoner
(Live) 6
Nicola
Gervasini
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