Graham
Parker & The Goldtops
Last
Chance To Learn The Twist
(Big Stir,
2023)
File
Under: Let’s Twist Again
Sule nostre pagine Graham Parker è un po’ come un lontano parente, uno zio d’America direi visto che là si è ritirato, che ogni tanto ci manda la desiderata paghetta sottoforma di un disco nuovo. La cifra è sempre più o meno la stessa, così come uguale è il biglietto di ringraziamento che gli rispediamo con amore e riconoscenza, e soprattutto felici che questa ricorrenza non abbia ancora dovuto interrompersi. La sensazione di essere rimasti tra i suoi pochi parenti a cui mandare la busta è sempre più crescente però, e se non ci fosse una attiva pagina di fans in Facebook a ricordarci che qualcuno in USA ancora lo segue con gran devozione (mentre la sua Inghilterra pare averlo davvero dimenticato), ci sarebbe da chiedersi per chi canta e suona oggi questo eroe del pub-rock che fu. Non che lui abbia poi fatto molto per rinfrescare il suo seguito, più o meno dagli anni 90 pubblica regolarmente dischi registrati con pochi mezzi e spesso con i soliti amici (dai Figgs ai riformati Rumour, a questi Goldtops in cui però scopri che ci suonano sempre collaboratori storici come Martin Belmont), senza porsi mai l’obiettivo di avere nuove frecce da scagliare nel mondo discografico. Meglio così da un lato, perché non esiste un suo titolo che non trasudi sincerità e passione, sostenuti dalla sua penna sempre brillante e feroce nel descrivere la realtà. Spiace però che si parli poco di lui anche per quanto di oggettivamente importante ha fatto, perlomeno della sua carriera dal 1976 al 1991, che consiglierei sempre di recuperare in toto. Tutto ciò per dire che anche Last Chance To Learn The Twist non cambierà nulla della storia di questo grande rocker, possiamo al massimo notare che c’è parecchia cura negli arrangiamenti (complice anche una sezione fiati e una di voci femminili che colorano il tutto), e che pare un lavoro meno frettoloso dei predecessori (ha ingaggiato un produttore stavolta, il giovane londinese Tuck Nelson consigliatogli da Nick Lowe, e si sente), anche se, sebbene lui sostenga nel presentarlo che “i miei arrangiamenti conservatori sono stati buttati fuori dalla finestra” (sic), alla fine noi nipotini d’Europa ci ritroviamo nella busta esattamente quello che ci aspettiamo da lui, seppur con rinnovata e invidiabile verve giovanile. E cioè tanta ironia (Cannabis, Them Bugs), una ferocia verso i tempi moderni che molti oggi liquiderebbero come “acredine da boomer” (We Did Nothing, It Mattered To Me), e quella capacità di cogliere il nocciolo dei sentimenti umani che resta il gran valore di quel mix di cuore e ragione che compone da sempre il suo songwriting (Shorthand, Grand Scheme of Things, Since You Left Me Baby). Insomma, diremo una banalità, ma se già siete suoi fans, allora anche questo capitolo pare necessario per sapere che non combattiamo da soli contro il mondo, ma se ancora vi state chiedendo di chi diavolo stiamo parlando, allora ritornate al via, che quando arriverete qui avrete fatto un viaggio bellissimo che un po’ vi invidiamo.
Nicola Gervasini
Nessun commento:
Posta un commento