domenica 18 febbraio 2024

BC CAMPLIGHT

 

BC Camplight - The Last Rotation of Earth

Bella Union, 2023

 

Il quarantaquattrenne Brian Christinzio, in arte BC Camplight, è ancora oggi un artista abbastanza di nicchia nonostante sia attivo da vent’anni nel mondo della musica. Con il suo moniker ha pubblicato sei album dal 2005 ad oggi, compreso il nuovo The Last Rotation of Earth, all’inizio riscontrando anche favori della critica specializzata, che lo hanno portato ad importanti collaborazioni (nella sua veste di session-man e musicista da tour lo si è visto a seguito dei War On Drugs e di Sharon Van Etten ad esempio), prima però di cadere nei primi anni dieci in una profonda depressione, con conseguente abuso di farmaci e droghe, che ne hanno condizionato l’attività per qualche anno. In quei tempi si era anche trasferito dal New Jersey nella più viva Manchester in Inghilterra, dove ha ritrovato linfa vitale per una rinascita. Dal 2015 la sua carriera è ripresa, anche se con più fatica a farsi notare, e nonostante le tragicomiche vicissitudini legali che lo hanno visto prima espulso dall’Inghliterra per scadenza del proprio permesso di soggiorno (con conseguente tour annullato), e poi finalmente il ritorno a Manchester con piena residenza grazie ad un passaporto italiano appartenuto ai suoi avi. Se raccontiamo la sua storia è perché è importante sapere da dove arrivano le canzoni di The Last Rotation of Earth, che sono una sorta di grande mix di tutta la musica britannica degli ultimi anni, ma riletta con un gusto americano che Camplight non ha perso nonostante non abbia più intenzione di tornare negli Stati Uniti.

Da tempo uno dei nomi di punta della Bella Union, Camplight sembra accodarsi con questa ultima fatica allo stile che già abbiamo sentito anche dagli ultimi Gaz Coombes o Tim Burgess, giocando molto sul mischiare parecchi ingredienti, con risultati per forza di cose alterni. Sicuramente vi consigliamo di ascoltare episodi come il lento soul funereo di It Never Rains in Manchester, che proprio al suo faticoso amore con la città che oggi lo ospita dedica i versi, o al curioso “pastiche” di generi di Fear Life in a Dozen Years, brano ipnotico con un refrain melodico che piacerebbe a Steven Wilson, come anche lui metterebbe gli stessi innesti di chitarre quasi heavy metal alternati ad un sax che funge da basso. Oppure vanno segnalati gli episodi in cui è la canzone a essere in primo piano come la piano-song Going Out on a Low Note con il suo crescendo finale quasi gospel, il tempo medio alla War On Drugs di I’m Ugly, brano cantato con la cantautrice di Manchester Francesca Pidgeon, per nove anni sua collaboratrice e compagna, prima di una improvvisa rottura arrivata proprio durante la lavorazione di questo album. Il che rende forse ancora più intensi i brani sentimentali come She's Gone Cold, caratterizzata dalla collaborazione con la Liverpool Philharmonic Orchestra, o la sognante The Movie. Non sempre tutto gira alla perfezione, il pop quasi anni 80 di Kicking Up a Fuss pare un po’ un pesce fuor d’acqua ad esempio, e lo strumentale finale tutto elettronica di The Mourning pare abbastanza superfluo, il che rafforza l’idea che sebbene il disco sia più che ispirato dai temi personali, a Camplight manchi ancora una linea artistica precisa e riconoscibile. Non un delitto per una artista che forse non ha mai avuto intenzione di porsi come nome di primo livello, ma che con questo album prova a ritagliarsi un piccolo spazio nell’affollato mondo del pop inglese.

Nicola Gervasini

VOTO 6,5

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